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di PARIDE LEPORACE

Presidente ci siamo ormai. Il paradosso di una crisi regionale aperta ufficialmente venerdì sera, nei fatti iniziata con gli arresti dell’inchiesta Fenice, si conclude in queste ore con il varo di una nuova giunta. Vorrei chiederle di spiegare ai nostri lettori cosa è accaduto in Basilicata in queste settimane.

«E’ accaduto che, senza che ci fosse una crisi, i partiti hanno iniziato a discutere su come far andare avanti l’azione della coalizione. Guardi, per crisi, in politica, si intende quando un organo esecutivo, quale è appunto la giunta regionale, non è in grado di proseguire nella sua attività o perché non ha la fiducia dell’organo di rappresentanza politica, il consiglio, o perché qualche componente dello stesso esecutivo si è dimesso. Tutto questo, invece, non c’è stato. Era, però, evidente che all’interno dei partiti e, in molti casi, nei rapporti fra partiti e gruppi, la discussione era tesa, con uscite, anche sulla stampa, a volte fuori dai canoni ammissibili della dialettica politica. La domanda era ed è se si può essere più coesi, al di là dell’unità e della forza del centrosinistra, che non sono mai state in discussione. E, proprio in virtù dell’assenza di una crisi, il dibattito nella coalizione è stato tanto sereno da poterne programmare anche i tempi e i modi che fossero compatibili con le esigenze di governabilità e, su tutte, il bilancio. E dopo l’approvazione del bilancio la rinnovata forza della maggioranza era già evidente. Ne ha dovuto prendere atto anche il Quotidiano dando conto nei titoli di una “maggioranza larga”».

di PARIDE LEPORACE

Presidente ci siamo ormai. Il paradosso di una crisi regionale aperta ufficialmente venerdì sera, nei fatti iniziata con gli arresti dell’inchiesta Fenice, si conclude in queste ore con il varo di una nuova giunta. Vorrei chiederle di spiegare ai nostri lettori cosa è accaduto in Basilicata in queste settimane.

«E’ accaduto che, senza che ci fosse una crisi, i partiti hanno iniziato a discutere su come far andare avanti l’azione della coalizione. Guardi, per crisi, in politica, si intende quando un organo esecutivo, quale è appunto la giunta regionale, non è in grado di proseguire nella sua attività o perché non ha la fiducia dell’organo di rappresentanza politica, il consiglio, o perché qualche componente dello stesso esecutivo si è dimesso. Tutto questo, invece, non c’è stato. Era, però, evidente che all’interno dei partiti e, in molti casi, nei rapporti fra partiti e gruppi, la discussione era tesa, con uscite, anche sulla stampa, a volte fuori dai canoni ammissibili della dialettica politica. La domanda era ed è se si può essere più coesi, al di là dell’unità e della forza del centrosinistra, che non sono mai state in discussione. E, proprio in virtù dell’assenza di una crisi, il dibattito nella coalizione è stato tanto sereno da poterne programmare anche i tempi e i modi che fossero compatibili con le esigenze di governabilità e, su tutte, il bilancio. E dopo l’approvazione del bilancio la rinnovata forza della maggioranza era già evidente. Ne ha dovuto prendere atto anche il Quotidiano dando conto nei titoli di una “maggioranza larga”».

Il Quotidiano non le ha fatto sconti durante una crisi che vi siete ostinati a definire verifica, anzi abbiamo parlato di una vera crisi di sistema della Basilicata: politica, economica e morale. Ritiene il nostro giudizio eccessivo?

«Lo ritengo un giudizio giornalistico, che forse ha elementi di base, ma sicuramente li declina insieme ad altri non altrettanto fondati e con toni più forti di quelli reali. E’ impossibile pensare che lo stravolgimento che attraversa il mondo, l’Europa e l’Italia trovi una Basilicata granitica, su cui non vi siano riflessi. E sinceramente anche la politica si è mostrata non sempre capace di far seguire alle scelte di base comportamenti coerenti e coesi, tanto che mi permetto di dire che quando abbiamo parlato di verifica abbiamo inteso verificare anche questi aspetti della coalizione. Ma generalizzare, o addirittura porre una questione morale in una terra che tutti ritengono sana e ben amministrata, sia pure inevitabilmente interessata da qualche caso negativo, francamente non ci sta».

Mi fa capire come il governatore con il più alto consenso elettorale in Italia e l’alleanza più larga della penisola possa finire in una palude politica come quella che abbiamo attraversato?

«Come le dicevo non vedo paludi. Ampi consensi e ampie coalizione richiedono ampi confronti, e la strategia del confronto è parte fondamentale della nostra azione. E poi, visto che ama sottolineare i paradossi, gliene evidenzio uno io: credo che siamo l’unico governo regionale a godere di giudizi più lusinghieri nel dibattito e sui media nazionali e non nella rappresentazione della realtà che viene fatta in sede locale. Esiste un evidente spiazzamento comunicativo per cui, ad esempio, fa rumore l’unico articolo contenente un giudizio negativo sulla gestione delle royalty pubblicato dal Sole 24 ore (senza interrogarsi nemmeno sulla coincidenza temporale con il decreto del Governo che risolve la questione petrolio a favore del territorio e non delle Compagnie), mentre passano inosservati i tanti pezzi fatti anche dalla stessa testata che lodano le scelte della Basilicata. E siamo l’unica regione ad avere dibattiti sui giornali sulla provenienza geografica dei manager scelti, temi che altrove vengono proprio ignorati: ma alla gente interessa la qualità dei servizi o la carta d’identità di chi li organizza? Gli organigrammi, forse, suscitano altri tipi di interessi, che qui da noi fanno più rumore che altrove.».

La macchia nera di Fenice ha pesato molto. Si è chiesto come sia potuto accadere? La questione ambientale è nodale per la Basilicata?

«Certo che è una questione nodale e per questo non possiamo permetterci di affrontarla con chiusure irrazionali. Il non far nulla per evitare errori non solo non è una buona politica, ma nemmeno una buona strategia. In passato indubbiamente la Basilicata si è trovata a confrontarsi con temi più grandi di quelli a cui era preparata. Oggi siamo convinti di aver intrapreso la strada giusta per recuperare l’affanno iniziale, ma è evidente che qualcosa in precedenza non è andata per il verso giusto, ma per rispetto ai diversi organismi che sono all’opera per capire cosa sia successo (da quelli della politica a quelli della giustizia) ritengo non sia giusto tagliare corto con sentenze affrettate».

Restaino indagato e sodale di Sigillito. Un sistema non ascrivibile a una sola corrente. Alla vigilia della drammatica direzione regionale anche lei ha dato mandato a Luongo di “convincere” Restaino a dimettersi?

«L’ho detto prima per l’ambiente e lo ripeto ora: quando ci sono ipotesi, bisogna dare tempo e serenità a chi lavora per verificare se siano o meno fondate. L’idea di Luongo, a quanto ho capito, non era un’indicazione di responsabilità, ma una risposta di orgoglio in un momento difficile della vita politica italiana: mostrare che proprio a dispetto di teorie e teoremi, nessuno era legato a incarichi o posizioni personali».

Il risultato è un effetto boomerang. Restaino gonfia il petto e rivela l’esistenza della Procura parallela alla Regione. Perché non l’ha dimissionato subito? Solidarietà umana o calcolo politico?

«E perché avrei dovuto dimissionarlo? Un assessore della mia giunta si è sentito vittima di un processo sommario che la politica voleva fare, senza attendere i tempi della giustizia e ha respinto questa cosa. Per vera o meno che sia stata la sua impressione, non c’è nè solidarietà nè calcolo, ma rispetto. Anche perché forse da dimissionare è quel sistema che soffia sul fuoco, che cerca colpevoli e complotti a tutti i costi e con una bramosia malata. Ma per dimissionare questo sistema non basta un presidente di Regione, non crede?».

Capisco che avete vissuto momenti drammatici sul piano umano. Lei sull’onda dell’emozione ha messo in pubblico la macchina del fango che per settimane l’ha fatta soffrire insieme ai suoi familiari..

«Questo è l’unico aspetto positivo della vicenda, perché dopo quella denuncia sembra che il cicaleccio si sia calmato. Ma io l’ho fatto solo per indicare a Restaino che un brusio di fondo ci accompagna tutti, che alimenta in un tam tam voci di colpe morali, personali, politiche che non hanno il coraggio di affrontare la luce perché infondate. E gli volevo dire appunto di fare uno sforzo nel ragionare al netto di questo cicaleccio che, diversamente, sortisce i propri effetti».

Corvi e sciacalli non mancano. La vicenda del falso Arduino è inquietante. Poco lucana direi. Il degrado delle lotte per bande del Pd è palese, e non se la cavi dicendo che non abbiamo le prove che è stata costruita da uno che non è del suo partito. A mio modo di vedere quel falso è contro di lei…

«Guardi, con gli elementi che abbiamo, la vicenda è così intricata da farla sembrare un nodo di Gordio. E in questi casi l’unica soluzione valida è quella di Alessandro Magno: un taglio netto. E nettamente dico che un falso è qualcosa di spregevole, indipendentemente da cosa dica e contro chi sia. E in questo condivido il suo giudizio negativo».

In una battuta mi dice che futuro vede per la corrente Franceschini in Basilicata? A volte abbiamo l’impressione che ci sia una sorta di pulizia etnica nei loro confronti…

«Non ho la stessa impressione, anzi ho certezze contrarie. E poi non possiamo dire che la politica non deve esser legata a questioni di potere e poi parlare di pulizia etnica ogni volta che un incarico cambia. Devono contare le apparenze o i momenti storici e le persone? Ma, anche ad un’analisi statistica, vedo la componente Franceschini ben rappresentata dal Parlamento al livello regionale al partito….»

Nella mia lettura, comunque, la mappa del potere in Basilicata è di nuovo uguale a quella che dipinsi cinque anni fa, al mio arrivo in questa terra: De Filippo e Folino due uomini al comando.

«Se intendiamo al comando di Giunta e Consiglio sì. Scherzi a parte, ci sono schemi che appartengono ad una letteratura esemplificativa che ha del fiabesco e che alimenta anche la teoria della malapolitica. E’ per questo tipo di letture che la gente ci insegue con le richieste più strane, “perché noi possiamo”, salvo poi restare delusa e pensare che “noi possiamo e non vogliamo”. Lo sa che c’e un signore che nelle sua semplicità mi insegue da mesi chiedendomi una licenza per vendere l’aglio che nemmeno è nelle competenze della Regione e inveendo pubblicamente perché non gliela voglio dare? Affrontiamo la questione con realismo e responsabilità: in questo momento in Basilicata ci sono responsabilità in carico ad una classe dirigente di centrosinistra, fortunatamente qualcuno in più dei soli De Filippo e Folino, che si dà da fare per fronteggiare uno dei momenti più difficili e più delicati della nostra storia».

Eppure voi, e con molto decisionismo inatteso, avete deciso le nomine della sanità. A proposito le altre nomine a quando? E con quali criteri?

«Ascolto e condivisione, ma poi è giusto che ciascuno si assuma le responsabilità a cui è stato chiamato, e quelle nomine sono di giunta. Le prossime, inevitabilmente, sono rientrate nel dibattito della verifica e, conseguentemente, arriveranno a valle della sua conclusione».

Parliamo di programmi e questioni nodali. Il petrolio. La Basilicata ha perso un senso comune sulla risorsa. Effetto nimby e no ai permessi. Da dove intende ripartire?

«Parto dal fatto che la Basilicata non è quella di chi alza di più la voce e che ci sono posizioni estreme che non la rappresentano. La linea della Regione è farsi carico di un’attività strategica per il Paese, ma a patto e condizione di avere innanzitutto le più elevate garanzie su ambiente e salute e, poi, contropartite in termini di sviluppo. E sono convinto che questo pensiero sia più condiviso di quanto possa apparire, anche se non posso negare che quelle cassandre che ci vedono tutti morti e devastati in conseguenza di qualsiasi attività di tipo industriale un effetto emozionale sulla gente pure lo hanno. Per combattere questa battaglia dobbiamo saper mettere in campo quanta più informazione e trasparenza possibile».

Spopolamento giovanile. E’ questione epocale di molte aree, ma in Basilicata rischia di diventare uno spartiacque. Sente l’orgoglio lucano di poter risolvere questa questione?

«Sento l’orgoglio lucano di volerla risolvere e spero che ci riusciremo. La partita si gioca sullo sviluppo, tra infrastrutture e poli produttivi. Contro la fuga dei giovani, che la Svimez certifica essere un problema meridionale e non lucano, abbiamo messo in campo iniziative come il Reddito ponte, Generazioni verso il lavoro, sostegno all’Università e alla ricerca, politiche che sappiamo non poter essere una risposta per tutti i 3.500 laureati che ogni anno la Basilicata produce, ma che rappresentano la punta più avanzata di sostegno ai giovani attualmente praticata nel nostro Paese, tanto che a differenza degli altri territori che vivono lo stesso problema, riusciamo a mantenere una maggiore coesione sociale. E se col memorandum riusciremo a mettere in campo qualcosa come 6 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi rispetto alle politiche nazionali e per il Sud, e due filiere ad alto assorbimento di addetti, inevitabilmente qualcosa cambierà».

L’ascensore sociale lucano è bloccato. Le ricerche e il senso comune ci dicono che i posti di responsabilità regionali sono appannaggio degli stretti sodali della classe dirigente. Forse bisogna dare più forza al merito..

«La cultura del sospetto è facile da alimentare quanto dannosa e forse bisogna avere più fiducia nel merito. Il problema è che in Basilicata la gente è poca, c’è un sistema di relazioni che, fortunatamente, non esclude nessuno, e al momento giusto ciascuno si ricorda di ciò che si vuol ricordare e inevitabilmente, in una terra in cui, ad esempio, su 600mila abitanti ci sono più 2mila consiglieri comunali, nei ricordi c’è un politico. In qualche concorso lo “scandalo” era addirittura che il vincitore era semplicemente dello stesso paese di un politico. Lo sa che se lei o un suo nipote dovesse vincere un concorso all’Arpab o al Comune di San Paolo Albanese qualcuno inevitabilmente si ricorderebbe di questa intervista? Ma allora cosa dovrebbe fare? Per la colpa di conoscermi dovrebbe chiedere a tutta la sua famiglia di rinunciare a qualunque contatto col pubblico? Se mettessimo questa regola, in Basilicata le selezioni andrebbero deserte, perché ci si conosce più o meno tutti. Questo non significa assolvere la politica e le sue responsabilità. Anzi, io sono convinto che anche dalle ultime vicende dobbiamo tutti trarre una lezione, facendo prevalere sempre e in ogni caso, come io mio sforzo di fare, rigore e sobrietà».

Ha notato sicuramente che i forconi lucani sono pochi e molto spuntati. Una questione di carattere? O forse la crisi non ha aggredito in maniera violenta quel tipo di categoria?

«Mi consenta una considerazione leggera e una più seria. La prima è che ogni movimento nazionale trova qui accoliti spesso sempre tra la stessa ristretta cerchia di persone. Ci sono persone che hanno più sigle con cui parlano sui giornali che anni, e non sono teenagers. Ma passando all’aspetto serio, non sempre contano i numeri. Se ci sono problemi concreti siamo pronti sempre al dialogo, indipendentemente da quanti sono a patirli o a sollevarli».

La questione meridionale ha speranze di esser affrontata seriamente dai tecnocrati del governo?

«Credo debba esse affrontata INESORABILMENTE. Mi sembra che ormai tutti abbiano la consapevolezza che si se vuol salvare l’Italia bisogna farla crescere e l’Italia non può crescere se non cresce il Sud».

La Basilicata può avere fiducia nella sua nuova giunta e nella politica che la esprime?

«La Basilicata può continuare ad avere fiducia, ma questo non vuol dire che può delegare tutto e disinteressarsi. Il momento, come ho detto, è difficile e delicato, c’è bisogno di tutti. Serve intraprendenza e responsabilità tra imprenditori, sindacati, commercianti, dipendenti, giovani, anziani tanto per portare avanti le attività di ciascuno quanto per contribuire con le proprie idee alla crescita di un sistema comune. Anche denunciando ciò che non va, ma non giocando a quel “tanto peggio tanto meglio” che ha caratterizzato una cultura politica superata dalla storia».

Il futuro prossimo di Vito De Filippo?

«Presidente della Regione Basilicata. E non posso dirle che poi farò il giornalista… Per me sarebbe un ritorno al passato».

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