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POTENZA – La norma trivella-selvaggia alla fine non ha trovato spazio. Anche se, a sentire gli ambientalisti, non si possono ancora dormire sonni tranquilli. Fatta la legge, l’inganno sulle perforazioni in mare (come fatto notare ieri dal segretario dei Verdi, Angelo Bonelli) è stato subito individuato. Proprio il mare – in difesa di cui erano insorte numerose comunità dell’Adriatico, con in testa esponenti politici di rilievo, il governatore pugliese Vendola in testa – potrebbe diventare facilmente sede di perforazioni alla ricerca di petrolio, in quelle aree di grande pregio, ma non ancora difese dall’istituto di zone protette.
In generale, però, i timori sui provvedimenti in materia di liberalizzazioni che avrebbero dovuto rendere più facile l’attività delle compagnie petrolifere, escludendo dal controllo le istituzioni locali, sembrano essere rientrati. Almeno in parte. A pochi minuti dall’avvio della conferenza stampa del presidente del consiglio Monti, impegnato a dettagliare i punti principali della prima parte del “Cresci Italia” (nuove liberalizzazioni annunciate a breve), il presidente della regione Basilicata, Vito De Filippo non nascondeva la soddisfazione. «Alla fine, nella partita del petrolio affrontata nel decreto del Governo le uniche misure passate sono quelle a sostegno della Basilicata, con la previsione di investimenti per sei miliardi di euro», scriveva in una nota. «Mentre sono saltate quelle che riguardavano un ampliamento delle possibilità di ricerca». Proprio come aveva fatto poco prima, con i commento al varo delle delibere Cipe su ferrovie e fondo di coesione, il governatore lucano conferma, così, «la fiducia nella strategia del dialogo e che indica come sia più utile ragionare sui problemi». Convinto di aver fatto bene a mostrare la propria contrarietà alle «previsioni ora saltate, piuttosto che gridare al lupo». Questione di metodo. Pare, infatti, abbia trovato «ridicolo» il commento lanciato in rete dal capogruppo Idv in regione, Nicola Benedetto. Il consigliere dipietrista, pur sottolineando la bontà dell’azione di contrasto messa in piedi da De Filippo e Vendola alla norma sulle trivelle-selvagge, aveva sottolineato la «grande pressione dell’opinione pubblica che siamo riusciti ad innescare proprio gridando a lupo, a seguito del pressing che abbiamo compiuto come Idv ad ogni livello politico ed istituzionale». E’ chiaro, allora, il riferimento di De Filippo quando «sommessamente» ripete il proprio convincimento: «Iniziative utili alla nostra terra si costruiscono con la ragionevolezza e senza clamori, riuscendo a sbaragliare tanto le difficoltà e le cassandre. Non posso non invitare quanti sono pronti ogni giorno a gridare all’apocalisse e al complotto a una maggiore prudenza».
Ma in che cosa è cambiato il provvedimento del governo rispetto a quelle che erano state le indiscrezioni di giovedì sera? Pietro Simonetti, presidente del centro ricerche e studi “Nino Calice”, ha studiato a fondo l’argomento. L’articolo 22 e’ stato cancellato,i mentre è stato ridimensionato il 21, quello delle trivellazioni in mare (con il ripristino del limite a 17 miglia dalla costa).
«Rimane in vita l’articolo 20 che prevede – spiega Simonetti – la definizione,entro sei mesi, di interventi integrativi per lo sviluppo di infrastrutture nelle zone petrolifere del Paese». E’ evidente, spiega, che questa scelta «sia una retromarcia doverosa rispetto alle previsioni che, momentaneamente, impedisce alle compagnie petrolifere di avere mano libera nella ricerca e nella futura trivellazioni di nuovi pozzi». Resta aperta «la questione relativa alle aree protette, specie marine, e delle autorizzazioni gia’ rilasciate». Come procedere? La strada, per Simonetti, non può che essere quella della «contrattazione con il Governo e con le compagnie per ottenere un adeguato ristoro finanziario, previsto tra l’altro dall’articolato, senza, però, prevedere ulteriori aperture di pozzi». E sicuramente potendo garantire «controlli ambientali seri e adeguati investimenti». La mobilitazione è già in atto. Da tempo c’è un vasto fronte popolare, istituzionale e politico pronto a chiedere «in aggiunta alle royalties già previste, almeno un 40 per centro di introito in più. Una parte di queste risorse – dice Simonetti – potrebbe’ finanziare la misura relativa al reddito minimo, che diventa essenziale per sostenere il lavoro e i redditi dei giovani lucani».
Un commento arriva anche da casa Cgil. In attesa di comprendere a fondo l’articolato del decreto sulle liberalizzazioni, c’è da confrontarsi con una consapevolezza. «Per troppo tempo le risorse e le misure adottate, anche dopo il primo Memorandum d’intesa tra Governo e Regione, non hanno prodotto i risultati sperati». Sarebbe grave sprecare «una una seconda occasione».

Sara Lorusso

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