3 minuti per la lettura
Tra Giovanni Antonio Iaria (nel riquadro) e la moglie, le cose non andavano da tempo e «anche se i parenti non ne sapevano niente, io e mia mamma ne parlavamo». A dirlo in aula ieri mattina, durante l’udienza per l’omicidio di Francesca Gattuso, è stata la figlia della coppia che ha confermato quanto aveva già affermato al pm Francesco Tripodi, titolare dell’inchiesta. Iaria è accusato di avere ammazzato la donna e di aver tentato di nascondere l’assassinio simulado un incidente stradale. Un tentativo inutile, scoperto in breve dagli uomini della sezione omicidi Squadra Mobile reggina.
In aula la ragazza di 16 anni, ha spiegato che in casa vi erano diversi litigi anche per motivi economici: «Mia mamma doveva cavarsela con il suo lavoro per mantenermi, mentre mio padre non le dava quello che guadagnava e anzi le aveva preso i risparmi». La figlia della coppia ha confermato il fatto che il padre aveva una serie di attività e che di fatto conduceva una vita tutta sua, di cui non dava conto a nessuno. Al punto che, ha detto la ragazza: «Mia madre qualche volta aveva pensato di andarsene, ma diceva che non lo faceva per non vedermi soffrire». Iaria era anche un tipo manesco, e la sedicenne ha riferito anche i episodi in cui l’uomo non si era fatto scrupolo di alzare le mani contro la moglie. Una quadro quello descritto in aula che va a rafforzare l’insieme degli indizi messi assieme dall’accusa. Tanto più che a raccontare le tensioni in famiglia è la figlia della coppia. Secondo l’accusa Francesca Gattuso, con la scusa di andare a prendere l’acqua e il formaggio in montagna, fu prima aggredita dal marito e poi caricata sulla loro macchina. L’uomo quindi, avrebbe dato alle fiamme l’auto facendola precipitare in una scarpata, appunto, nel tentativo di simulare un incidente. La ricostruzione di quanto appurato nelle prime ore della morte della donna furono ricostruite nelle scorse udienze dai poliziotti che intervennero sul luogo del delitto.
IL 14 MAGGIO 2011
Quella notte Giovanni Antonio Iaria, 48 anni, si presentò al Pronto soccorso affermando di essere stato vittima assieme alla moglie di un incidente stradale. Una versione falsa secondo il pm Francesco Tripodi, che lo ha accusato di aver ammazzato la giovane donna in maniera premeditata. Una storia dai risvolti raccapriccianti, ricostruita dalla polizia. La prima versione rispetto a quanto accaduto la fornì a suo tempo lo stesso presunto omicida. Ne parlò al pronto soccorso dell’ospedale, dove si presentò ferito e, apparentemente, in stato confusionale. Raccontò che era in macchina con la moglie su una strada di montagna, di aver perso il controllo dell’auto e che questa era finita in un burrone, in fiamme. Lui, disse, s’era salvato per miracolo, sbalzato fuori dall’abitacolo. Sul posto, i vigili del fuoco e gli agenti dalla polizia, si resero conto subito che qualcosa non funziona. Sul ciglio della strada c’erano schizzi di sangue e l’orologio della donna. In fondo alla scarpata l’auto carbonizzata con il cadavere della donna distrutto dalle fiamme. Le versioni non coincidevano, quel sangue sull’asfalto non era giustificabile.
Così l’uomo finì in manette. Secondo l’indagine non si trattò di un incidente o di litigio finito male, ma di un gesto studiato a tavolino, nei dettagli. Quel giorno Iaria avrebbe convinto la moglie a seguirlo in montagna. Sulla strada del ritorno, approfittando dell’oscurità si fermò in una zona isolata a ridosso di un dirupo. I due erano in contrada Arcoleo, la zona aspromontana del comune di Reggio. Fece scendere dall’auto la donna e la colpì con un corpo contundente che le provocò una grossa ferita alla testa ed una copiosa perdita di sangue. Quindi rimise la moglie in macchina ancora viva, diede fuoco alla vettura e la spinge nel burrone. Tripodi poi, assieme agli specialisti della polizia indivituò anche il presunto movente. L’uomo avrebbe ucciso la moglie per intascare l’assicurazione della vittima.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA