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di PIETRO MANCINI
È giusto prendere atto delle smentite del Quirinale e della cancelliera tedesca al presunto diktat della signora Merkel anti-Berlusconi, di cui ha parlato un giornale autorevole come “The Wall Street Journal”. E, comunque, nessuno ha smentito che Napolitano e la Angelona teutonica conversarono a lungo, il 20 ottobre scorso, nei giorni caldissimi della crisi dei mercati, quando il Governo italiano e il Cavaliere erano gli osservati speciali dei più influenti “fratelli-coltelli” del Vecchio, e ammaccato, Continente. Solo 72 ore dopo, il 23 ottobre fu il giorno più nero per la leadership di Berlusconi, a livello europeo. Merkel e Sarkozy, ritti e sussiegosi sui palchetti di una conferenza-stampa congiunta, ascoltarono la domanda di un giornalista : “C’è da fidarsi, ancora, del premier italiano ?”. Il marito di Carlà Bruni e la gelida “Lady di ferro” tedesca si guardarono, fecero qualche smorfia e sghignazzarono apertamente. Poi, certo, seguirono le precisazioni, come quelle arrivate dopo la pubblicazione del servizio di “The Wall Street Journal”. Fatto sta che, 20 giorni dopo il colloquio telefonico, Berlusconi fu convinto a lasciare e Giorgio Napolitano, sulla poltrona di Palazzo Chigi, insediò, dopo averlo nominato senatore a vita, un professore della Bocconi, Mario Monti, editorialista del giornale italiano più autorevole, il “Corriere della Sera” e molto gradito ai circoli filo-tedeschi. Insomma, il nostro capo dello Stato, il 20 ottobre del 2010, non buttò giù la cornetta, nella importante, forse decisiva, conversazione con la Merkel, anche se è azzardato ipotizzare un complotto tedesco-partenopeo-banchieri ai danni di un esecutivo, traballante ma eletto dal popolo. Come, certamente, molti ricorderanno, la comunicazione fu, bruscamente, interrotta dall’allora capo del Governo, Bettino Craxi, con il potente e furioso presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, in occasione della drammatica crisi di Sigonella. Si trattò di un complesso caso politico-diplomatico, avvenuto nell’ottobre 1985, che rischiò di sfociare in uno scontro armato tra Vam (Vigilanza Aeronautica Militare) e carabinieri, da una parte, e gli uomini della Delta force one (reparto speciale delle forze armate statunitensi) dall’altra, all’indomani di una rottura politica tra l’allora presidente del Consiglio italiano, Bettino Craxi, e il presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, circa la sorte dei sequestratori, palestinesi, della nave da crociera “Achille Lauro”, di cui Washington pretendeva l’immediata consegna, ritenendoli responsabili della spietata uccisione di un passeggero, il cittadino americano, ebreo, Leon Klinghoffer. È doveroso riconoscere a Craxi, al di là dei non pochi errori, commessi dal leader socialista, il merito, politico e storico, di essersi dimostrato uno statista, degno di rappresentare, con la schiena dritta e senza il cappello in mano, un Paese, non di serie B, ieri e oggi, come l’Italia. Buon 2012 a tutti gli elettori e a Giorgio Napolitano, che molti osservatori hanno designato come protagonista attivo dell’anno appena trascorso: un ruolo, il suo, politico e tutt’altro che notarile, come ha confermato, con il suo abile messaggio del 31 dicembre. Nel 2013, l’ex dirigente del Pci si presenterà, con le carte in regola, per aspirare alla riconferma alla Presidenza della Repubblica e non più come il “Morfeo del Quirinale”, come lo aveva ribattezzato, con sarcasmo, qualche tempo fa, il comico genovese e aspirante dirigente politico, Beppe Grillo.
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