Michele Camillò, neo pentito vibonese, figlio del presunto boss Domenico cl. ’41
2 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – Un percorso comune, prima nella ’ndrangheta vibonese, e poi nella collaborazione con la giustizia. Quello intrapreso da Michele Camillò, 34 anni, e Gaetano Antonio Cannatà, 46 anni, ultimi due pentiti in ordine di tempo che vanno a rimpolpare la schiera di ex esponenti dei clan della città (LEGGI) che hanno saltato il fosso. I loro verbali sono stati depositati dalla Dda di Catanzaro nell’ambito dell’udienza preliminare Rinascita-Scott” in corso di svolgimento a Roma, inchiesta nella quale entrambi risultano indagati. Ed entrambi riferiscono delle motivazioni che li hanno spinti a cambiare vita e delle figure che ruotano all’interno della galassia criminale del capoluogo di provincia.
Camillò, figlio del presunto boss Domenico, cl. ’41, si spinge anche oltre parlando delle elezioni comunali del 2015: «All’epoca mio cognato Andrea Tavella (fratello della mia attuale convivente) era candidato a consigliere comunale a Vibo Valentia (nella lista Liberali per Costa Sindaco, vicina a Forza Italia, ndr) e la mia famiglia si attivò per procacciargli dei voti in ambito delle conoscenze familiari. Ricordo che andammo anche da Vincenzo Pugliese.
Ad esito delle elezioni, mio cognato non fu eletto per una manciata di voti». All’epoca era candidato a consigliere anche tale Antonio Curello (anche lui non eletto, ma che oggi siede in Consiglio, ndr), il quale è congiunto di Vincenzo Barba e tutti i Lo Bianco-Barba (comunque nell’ambito del “buon ordine” riunito) si impegnarono nel procacciamento di voti in suo favore. Ricordo che in un’occasione mi chiesero il voto per il Curello i sodali Domenico Prestia e Carmelo Pardea, ma io risposi che stavo sostenendo già la campagna elettorale di mio cognato che era candidato».
L’altra rilevazione, Camillò la fa sul conto di un esponente delle Fiamme Gialle che avrebbe fatto delle soffiate ad un esponente del gruppo suo amico: «Posso riferire sul conto di un finanziere OMISSIS che ha avvisato, mediante email, Costantino Panetta che stavano per eseguire una perquisizione a suo carico, notizia che gli ha consentito di spostare tutti i proventi delittuosi e le prove documentali. So che Panetta praticava l’usura, ogni tanto si sfogava con me quando le sue vittime non pagavano il denaro pattuito. Quest’ultimo ed il predetto finanziere erano molto amici OMISSIS. Inoltre, Panetta gli forniva della cocaina, che acquistava da “Mommo” Macrì e gli veniva consegnata personalmente dal fratello Michele mentre in altre occasioni la prendeva da Bartolomeo Arena. L’amicizia vantata da Panetta con il finanziere gli consentiva di mantenere la propria autofficina non in regola senza subire controlli. Egli inoltre veniva illegalmente rifornito dal finanziere di nicotina, che lo stesso trattava presso il negozio e che gestivamo insieme e per tale motivo ho preso una multa di circa 50mila euro», ha concluso il neo collaboratore di giustizia vibonese.
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