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Al processo “Santa Tecla” è stato confermato l’impianto accusatorio con sensibili riduzioni di pena rispetto alle richieste avanzate dal pubblico ministero Vincenzo Luberto in sede di requisitoria. Ieri, a tarda ora, è giunto il verdetto per mano del giudice per l’udienza preliminare Tiziana Macrì, dopo ben 14 ore di camera di consiglio. Presidiata dalle forze dell’ordine l’area circostante l’aula bunker di Catanzaro, in via Paglia. Intorno alle 23 la lettura del dispositivo di sentenza: per l’imprenditore Mario Straface (in foto), 8 anni di reclusione, rispetto ai 14 richiesti dal pubblico ministero Vincenzo Luberto. Sull’uomo pende la duplice accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e di estorsione. Per tutti gli altri componenti la famiglia Straface vi è stata piena assoluzione. In particolare per Fabio, Lucia, Rossella, Davide, Santino e Santo. Riduzione di pena anche per i detenuti sottoposti al 41 bis : Carmine Ginese (10 anni), Ciro Nigro (10 anni), Antonio Marrazzo (8 anni), Alessandro Marrazzo (10 anni), Pietro Longobucco (16 anni).
Al 41 bis finirono anche Pietro Salvatore Mollo, morto suicida presso il supercarcere dell’Aquila, e Franco Straface deceduto a causa di un ictus cerebrale dopo aver lasciato l’istituto di pena di massima sicurezza e trasferito presso la propria abitazione ai domiciliari. Per l’avvocato Antonio Piccoli, coinvolto prevalentemente nel filone del traffico di sostanze stupefacenti vi è stato un dimezzamento della pena dai 20 anni richiesti dalla pubblica accusa ai 10 sanciti ieri nel dispositivo di sentenza. Assoluzione anche per il giovane Osvaldo Di Iuri tornato solo di recente in libertà, anch’egli coinvolto nel filone del narcotraffico.
Quello che si è concluso ieri è il primo grado del rito abbreviato, il cui istituto consente la riduzione della pena di 1/3 e riduce i tempi del procedimento penale. Per “Santa Tecla” si sono rese utili ben 11 udienze. Ora si rimane in attesa delle motivazioni, poi l’eventuale appello che sarà promosso dal collegio di difesa, presso la corte d’appello di Catanzato. Con la condanna di Mario Straface, fratello dell’ex sindaco Pasqualina Straface, si conferma l’esistenza di un’associazione di tipo mafioso in un vasto giro di affari che confluiva anche nel capitolo dell’appaltistica. Non è da escludere che questa sentenza possa essere assunta in sede di Tribunale amministrativo regionale del Lazio dove è ricorsa l’ex amministrazione comunale a guida Straface (Il Comune di Corigliano è stato sciolto per infiltrazione mafiosa) avverso il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale.

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