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di PARIDE LEPORACE
IL prezzo della crisi lo paga anche la lingua. Parola di Franco Arminio. Vito De Filippo legge e apprezza Franco Arminio. Però il presidente apprezza anche Marchionne e il modello Pomigliano che ieri ha escluso la Fiom dall’accordo per il contratto. Arminio invece
sostiene che siamo passati da «Olivetti a Marchionne e in questo caso lo spread è allucinante». E’ tutto confuso in epoca di crisi e De Filippo può permettersi di preferire Arminio estremista dell’equità e il manager di ferro Marchionne con un’ubiquità camaleontica. De Filippo si permette la sua crisi regionale molto personale e dilatata nelle soluzioni alle calende greche. De Filippo di lotta e di governo.
All’ospedale San Carlo, un’eccellenza lucana, con molta enfasi e la nostra complicità compiaciuta avevamo salutato l’arrivo del papa straniero. Des Dorides era il Monti che tutti aspettavano. La tecnica che zittisce la riottosa politica.
Des Dorides non è un papa straniero. E’ il re travicello satireggiato da Giusti. Ma l’Italia di Monti e di Fiorello non è l’Italia dei poeti, dice Franco Arminio. E per questo sorbiamoci Des Dorides che come un vampiro non paga i rimborsi all’Avis, non risolve il pagamento di un leasing di un macchinario, balcanizza i reparti dell’ospedale.
Le buste paga sono leggere, la bolletta energetica è in ascesa e il sottosegretario D’Andrea deve far sapere a super Mario che De Filippo e Viceconte avevano deciso un memorandum petrolifero. Lo stesso De Filippo che con gli altri governatori ha proposto l’aumento delle accise della benzine senza dire se o ma. De Filippo di lotta e di governo.
Intanto la destra prende fiato. Pagliuca oggi propone un buon documento sulla sua idea di sviluppo al tempo della crisi. Il Pdl si occupa di derivati sbagliati, Venezia fa le pulci alla Finanziaria regionale. Scaglione dall’altro lato dello schieramento ha il merito di denunciare che per le ferrovie lumaca della Lucania non c’è nessuna certezza di agganciarsi all’alta velocità prossima ventura. Il presidente De Filippo presentando quattro provvedimenti anticrisi su semplificazione amministrativa, contrasto al lavoro irregolare e promozione dei sistemi produttivi locali, contratti di rete e fondo di rotazione e credito di imposta, ieri ha dichiarato: «Mettere insieme risorse per reggere le difficoltà del momento e interventi di sistema per consentire una modernizzazione del sistema ci consentirà, non solo di non soccombere in una crisi di cui ancora non si conoscono i tempi, ma di essere anche pronti ad approfittare della ripresa dei mercati quando ci sarà». La ricetta quindi è reggeremo e prenderemo il bus favorevole quando tutti si saranno messi a correre. E speriamo che almeno il credito di imposta dia i frutti sperati.
La semplificazione sarà come quella di Calderoli che bruciava le leggi? E per il lavoro irregolare non operano già uffici di Stato e carabinieri? Franco Arminio sostiene che si allargano le disuguaglianze e le distanze tra il dire e il fare. Avevamo nutrito speranze su Speranza. Il segretario è finito nel truogolo di Restaino, incartato nella procura parallela e nel calendario dei giorni infiniti. Il segretario difetta di tattica, ma mastica politica. E le buone letture e la bella politica gli avevano dato l’intuizione che bisognava ripartire dalla città. Matera e Potenza, forze urbane da costruire in nuove reti municipali, e da sottrarre ai signori della guerra d’interesse, ma per fortuna alla crisi danno risposte le associazioni, le categorie, i liberi cittadini. Gli architetti potentini per il trentennale del loro Ordine hanno costruito un evento da capitale culturale autogovernando ogni dettaglio. Anche a Matera il grande evento natalizio del presepe vivente poggia su una forza del basso trainata da pro loco e piccola imprenditoria. E aggiungiamo i mercatini di Natale a Gorgoglione, la difesa dell’ospedale a Chiaromente, il dibattito civico di Venosa, i comitati ambientali nel Vulture, i saperi dei ricercatori, le piccole reti attive in tanti paesi. In questo reticolo si aggredisce la crisi. Pensando al bene comune e non sempre al profitto dei pochi e al consenso elettorale di vecchie e nuove caste: il risanamento democratico passa dalla strada, dal quartiere, dalle professioni, dalle attività umane e sociali. La politica oggi è dannatamente separata dalla società. I nominati in Parlamento, i sommatori di cariche, i politici che leggono i libri sbagliati e quelli che non leggono i libri e i giornali hanno abdicato in favore dei tecnici: la battaglia è ora, a favore dell’acqua pubblica, dell’ambiente, di Internet gratuito e diffuso, del sapere. Se sai, sei ricco e per questo motivo che bisogna difendere gli enti locali dall’assalto dei privati che hanno preso di mira tutto il pubblico possibile e vorrebbero anche calpestare l’esito di un voto referendario. Dopo i tecnici tornaranno i buffoni, profetizza Franco Arminio. Stiamo attenti. Il pubblico sarà decisivo. Contro la crisi adoperiamo la lingua, adoperiamo le parole.
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