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POTENZA – Una cordata di imprenditori locali sponsorizzata a livello politico, amministrativo e criminale. Un’altra più potente con agganci dalle parti di via Anzio. La seconda, alla fine, vince, ma gli esclusi rientrano dalla finestra, spartendosi la torta dei subappalti. Lo scenario disegnato dagli investigatori è questo qui.
Ha subito una brusca accelerata l’inchiesta sulle possibili infiltrazioni dei clan nei cantieri dell’ultima maxi-opera del capoluogo. Sono numerose le persone che hanno ricevuto un avviso a comparire negli uffici della procura antimafia. Si parla di trucchi per far lievitare i costi e relazioni pericolose, una trama che arriverebbe fino ai vertici del general contractor dei lavori per la realizzazione del nodo viario complesso del Gallitello, un affare da 28 milioni di euro.
Il primo a parlarne con la Dda era stato il boss pentito dei basilischi, Gino Cosentino, qualche mese dopo l’inizio della sua collaborazione con la giustizia, a settembre del 2007. La testa di ponte delle “famiglie” sarebbe stata la ditta di un noto imprenditore di Potenza, Giovanni Basentini, già coinvolto nel 2004 nel blitz dell’inchiesta Iena2, assieme agli uomini del clan Martorano. Pur scagionato da tutte le accuse, Basentini non è mai riuscito a togliersi di dosso quel passato ingombrante e per gli inquirenti la sua sarebbe stata di fatto un’impresa «controllata» dal boss, come quella di Carmine Guarino, grande accusatore di Martorano, arrestato a maggio del 2008 e condannato a 14 anni di prigione proprio per usura ed estorsione nei confronti del suo ex amico.
Secondo Cosentino l’affare del nodo del Gallitello, dove l’impresa di Basentini è impegnata nei lavori di movimento terre, avrebbe suggellato una nuova alleanza tra lo storico gruppo di Martorano e quello capeggiato da Saverio Riviezzi, pignolese, in carcere da febbraio del 2010 con l’accusa tra l’altro di aver fatto man bassa tra i costruttori della sua zona. Per il fondatore dei basilischi Riviezzi e Martorano si sarebbero avvicinati perchè avevano un nemico in comune, Antonio Cossidente (nel riquadro), il mammasantissima della calcio-connection tra sport e malavita all’ombra del Viviani. Eliminato lui, come sarebbe stato nei loro piani, si sarebbero spartiti la città, ma per rendere la cosa più allettante Riviezzi avrebbe chiesto di «mangiare» con l’impresa di Basentini.
Poi si è pentito pure Cossidente, che aveva già annusato l’aria pesante. Agli inquirenti Cossidente, che ha iniziato a collaborare a ottobre dell’anno scorso, avrebbe confermato la ricostruzione di Cosentino aggiungendo molti retroscena sconosciuti. Lui peraltro di appalti ne sa qualcosa dal momento che col patron del Potenza calcio e il consigliere regionale Luigi Scaglione è stato intercettato nello studio di un commercialista fidato, Aldo Fanizzi, mentre discuteva del progetto di un nuovo stadio cittadino.
Le entrature politiche del boss, gli agganci con insospettabili colletti bianchi del capoluogo, sono un aspetto ancora misterioso delle sue chiarazioni su cui prosegue il lavoro degli investigatori. Negli scorsi mesi sono stati chiamati in causa anche pezzi da novanta della giunta regionale, come l’assessore regionale all’ambiente Agatino Mancusi, indiscrezioni che non hanno ancora trovato riscontro dal momento che quei verbali restano in gran parte secretati. Il dato certo è un altro: un assessore, Rocco Lepore, nella giunta comunale dell’epoca, quella che ha indetto la gara e controlla i lavori come stazione appaltante. Lepore è inquisito per voto di scambio proprio con Cossidente. Più che parlare a vanvera il boss pentito potrebbe aver riferito informazioni apprese da fonti di prima mano ed è quello che gli investigatori stanno cercando di verificare.
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