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«Kate Omoregbe è cittadina di Lodi. Da alcuni giorni infatti ha ottenuto la carta di identità e la residenza nel comune lodigiano, dove, da due mesi, è ospitata presso l’istituto religioso Sant’Anna e dove lavora come badante, assistendo una anziana donna centenaria, la ragazza nigeriana che, se espulsa, rischiava nel suo paese la lapidazione e la morte per il suo rifiuto (per questo è stata anche ripudiata dalla sua famiglia) di sposare una persona, un musulmano, molto più grande di lei (che l’aveva violentata) e per non essersi voluta convertire (lei che è cristiana) alla religione islamica». Lo rende noto il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, promotore della campagna umanitaria «per salvare Kate», andata avanti ininterrottamente per due mesi. La giovane nigeriana di 34 anni era detenuta nella casa circondariale di Castrovillari (dove ha finito di scontare, il 5 settembre scorso, con un abbuono di 90 giorni per buona condotta, una condanna a quattro anni e quattro mesi, per detenzione di una piccola quantità di droga, rinvenuta durante una perquisizione, nel febbraio del 2008, in un appartamento che la ragazza divideva a Roma, dove lavorava come badante, con altre tre sue connazionali: reato che la ragazza ha sempre con forza ribadito di non avere mai commesso), aveva chiesto asilo politico per poter restare in Italia e non essere espulsa per evitare, nel suo Paese la condanna a morte. Il 7 settembre le è stato concesso l’asilo politico in Italia sotto forma di protezione umanitaria. Il 19 ottobre l’ultimo atto giudiziario: il giudice di sorveglianza del tribunale di Cosenza, Sergio Caliò, aveva riconosciuto la non pericolosità della Omoregbe.
«Nei giorni scorsi il comune di Lodi le ha concesso la residenza – dice Corbelli – e le ha rilasciato la carta di identità. L’epilogo finale e positivo di una lunga battaglia, andata avanti per tutta l’estate».
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