Il ministro Alfonso Bonafede
3 minuti per la letturaOgni giorno polveroni sollevati. Ogni giorno polemiche. E i pretesti i 5Stelle ne offrono a volontà. Ma ci si chiede: quanto potrà durare un esecutivo continuamente sospeso nel vuoto di un burrone?
Eppure, dura. C’è stato il via libera della Camera al decreto Covid (219 sì, 126 no, 1 astenuto). Ora passerà al Senato. Ma quando era tornata la calma sul comma che consente il rinnovo dell’incarico dei direttori degli 007, scoppia un’altra polemica, stavolta sul mancato rientro in carcere dei boss durante la pandemia. Su 223 esponenti della malavita rimessi in libertà per il rischio Covid, più di 110 si trovano ancora a casa. E Fratelli d’Italia chiede un passo indietro al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. “Il guardasigilli si dimetta”. Il quale, a sua volta, ha subito avviato il monitoraggio.
Giorgia Meloni ricorda che il “sommo scarceratore” aveva “giurato che dopo averli liberati, li avrebbe riportati uno per uno in galera, ma era una colossale menzogna”. E ricorda che il suo partito “lo ha denunciato fin dall’inizio: per riportare i boss in galera bisognava revocare e non semplicemente sospendere, la scellerata circolare del Dap che ha spalancato le porte del carcere ai mafiosi e cancellare immediatamente l’ignobile articolo 123 del decreto Cura Italia che ha introdotto il nesso tra detenzione e rischio contagio”. E chiede a Bonafede di andarsene. Medesima condanna arriva pure da Anna Maria Bernini, Forza Italia.
La replica di Bonafede è questa: le scarcerazioni legate all’emergenza Coronavirus sono state “decise dalla magistratura in piena autonomia ed indipendenza nel bel mezzo della pandemia”. Il ministro aggiunge che uno stretto monitoraggio è stato applicato con i due decreti antimafia.
Nella maggioranza risponde Franco Mirabelli: “C’è una cosa su cui né Salvini, né Gasparri possono dare lezioni; la lotta alla mafia non ce la può spiegare chi vorrebbe sospendere il codice antimafia, attacca la magistratura e propone condoni a ogni piè sospinto. Prima hanno denunciato 700 scarcerazioni e oggi si scandalizzano perché ancora 100 detenuti, con il 41 bis sono agli arresti domiciliari, negando l’evidenza”.
Intanto si scaldano i muscoli dei parlamentari con la legge elettorale. E’ passato appena un giorno da quando è stata messa in calendario, che fioriscono le proposte. I 5 Stelle “chiederanno di tornare alle preferenze”, dichiara Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera. “Per noi – ha aggiunto – devono essere i cittadini a scegliere chi mandare in Parlamento e non le segreterie di partito”.
Nel testo del Germanicum non vengono modificati i listini bloccati previsti dal Rosatellum. Nei 5 Stelle le acque continuano a essere agitate sulla leadership. Con una votazione sulla piattaforma Rousseau sul tipo di leadership del M5s del futuro, sarebbe pronta una diaspora di almeno 30 parlamentari. Inoltre sarebbe “in preparazione una votazione sulla piattaforma online per la scelta tra leadership collegiale o capo politico unico. Votazioni che, si spiega, innescherebbero immediatamente la fuoriuscita di un folto gruppo di parlamentari. Ma si propone un’immediata correzione del metodo, che finora era sbagliato.
Sulle preferenze, già si scatena la bagarre. Esse erano state nel mirino del Movimento delle origini. Al momento, invece, non vengono modificati i listini bloccati previsti dal Rosatellum. Brescia ha detto: “Volutamente, il testo base a mia firma, non affronta il tema. Era negli accordi di maggioranza rimettere ogni decisione al dibattito in commissione. Per noi devono essere i cittadini a scegliere chi mandare in Parlamento e non le segreterie di partito”.
Federico Fornaro di Leu, dà ragione ai 5 Stelle. “La questione esiste, è un tema che va affrontato”. Stefano Ceccanti prevede: “Per ora penso solo che martedì voteremo il testo base, nella versione concordata. Poi ci sarà tempo per riflettere”. Ma il relatore, Emanuele Fiano, non si pronuncia.
Le acque sono sempre agitate al Nazareno. Rosy Bindi è con un piede sulla soglia. Sta meditando di uscire, ma vorrebbe quei chiarimenti che anche i vertici del partito non riescono a darle. E’ schierato sul fronte del No al referendum: “Il No è a difesa della Carta costituzionale. Sul taglio dei parlamentari c’è il rischio di una deriva populista”.
Dopo il vertice di Lampedusa, durante il quale il premier Conte ha promesso tre nuove navi quarantena, la ministra degli Interni, Luciana Lamorgese, ha detto che chi non collabora sui migranti deve ricevere sanzioni. E gli devono essere negati i fondi del Recovery Plan.
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