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Giacomo Triglia sul set con J-Ax

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DICE Wikipedia: “Giacomo Triglia (Reggio Calabria, 7 luglio 1981) è un regista e sceneggiatore italiano, attivo soprattutto nella realizzazione di videoclip”. E giù l’elenco dei videoclip realizzati e i cantanti protagonisti: Ligabue, Brunori sas, Eugenio Finardi, Irene Grandi, Levante, Francesca Michielin, Zero Assoluto, Francesco Sarcina… e compagnia cantante, verrebbe da dire. Questo giovanotto dalla barba lunga e dallo sguardo spesso seminascosto da un cappellino, insomma, cresciuto a cinema d’autore e per le vie di Lazzàro (frazione di Motta San Giovanni) è diventato un punto di riferimento nazionale in questo settore. E benché strada in pochi anni ne abbia fatta tantissima, la sua è una storia ancora tutta da scrivere e da raccontare. Il bello, cioè, per citare il “suo” Ligabue, deve ancora venire.

Da dove inizia la sua storia?

«Da un momento preciso. E da un incontro preciso. Era il 2009 e io ero uno degli organizzatori del Bif festival di Bova. Venne Dario Brunori, mi feci avanti e gli proposti di fare i video di “Come stai” e “Guardia ’82”. La svolta della mia vita».

Immediata?

«Abbastanza. Dario è stata una vetrina importantissima. Il manager di Ligabue mi chiamò dicendomi che a Luciano era piaciuto tantissimo il video di “La verità” e qualche mese dopo giravamo “Ho fatto in tempo ad avere un futuro”».

Detta così sembra facile.

«Non ho ricette particolari, né pozioni magiche. Più fai video, più hai la possibilità di farti vedere».

Che però è un buon consiglio per chi volesse avvicinarsi a questo mondo.

«Chi comincia oggi ha opportunità che a quelli della mia generazione erano proibite. Soprattutto tecniche. Con mille euro compri una signora telecamera, quasi cinematografica, e in giro è pieno di tutorial che ti spiegano i trucchi del mestiere. Quello che non deve mancare è una buona idea».

Dario Brunori e Giacomo Triglia

E, per stare nel suo campo, anche un buon artista.

«Se al posto di Dario ci fosse stato un artista mediocre, le stesse clip, non avrebbero avuto lo stesso successo. E non sarebbe arrivato Ligabue».

Ligabue e tutti gli altri. Se lo è mai chiesto perché scelgono proprio lei?

«Il passaparola tra artisti funziona. Poi c’è anche chi si rivolge direttamente alla Sony e dalla Sony chiamano me».

Anche perché a guardare l’elenco delle sue realizzazioni è difficile trovare qualcosa in comune tra artisti spesso molto diversi.

«A me piace sperimentare. Ad alcuni registi piace di più fare trap o hip hop. A me non è mai successo».

L’anno scorso lavorò con J-Ax.

«Sì, ma ormai anche lui rientra nel mondo pop».

Quanti giorni di riprese ci vogliono per un video clip?

«Massimo due. In genere ne basta uno. Primo perché su un set lavora una troupe di 15 o 20 persone e le giornate costano. Poi perché sarebbe difficile rubare più tempo ad artisti di così alto livello».

Fare il regista in Calabria. Si può?

«Dipende. Quello che offre la Calabria come location è qualcosa di unico. Ho girato delle piccole cose con un pianoforte su un lago, oppure ci sono dei paesaggi jonici mozzafiato. Se invece serve noleggiare attrezzature di un certo livello oppure dover contare su una squadra di professionisti oppure scenografie di un certo tipo, allora la Calabria non basta più».

Le capita qualche cantante che magari non si senta così a suo agio nel girare una clip?

«Direi di no. Tutti super professionisti ormai super abituati. È vero, però, che c’è chi si sente di fare cose più propriamente da attore e chi invece si limita al play back. I ragazzi che escono dai talent, per esempio, sono più che abituati a stare davanti alla telecamera».

Come comincia il suo lavoro? La chiamano per girare una clip e…?

«Io quasi sempre scrivo una sceneggiatura partendo dal testo della canzone. Quasi sempre ho carta bianca. Per “Torna a casa” dei Maneskin, per esempio, avevo appena conosciuto quella performer, quella con le stampelle. Se l’artista poi ha qualche spunto lo si prende in considerazione. Francesca Michielin per “Vulcano” volle girare a Berlino. A volte invece mi lascio andare a citazioni di film».

Perché la sua passione da ragazzo era il cinema, in realtà, non la musica.

«Sono rimasto fuori dalla generazione cresciuta con Mtv. A me piaceva guardare film, sì. Ne vedevo quattro al giorno».

I registi preferiti?

«Oggi fra gli italiani Garrone e i fratelli D’Innocenzo, quelli di Favolacce. Tra gli stranieri Xavier Dolan e Yorgos Lanthimos. Ho adorato “Dogtooth” e mi è piaciuto moltissimo “Elephant” di Gus Van Sant. Cose visivamente ricercate, insomma».

Lei prima o poi girerà un film?

«Certo. Sto già lavorando a una sceneggiatura».

E in questo periodo di cosa si occupa?

«Domani vado a girare con Annalisa e il 9 settembre con Samuele Bersani. La Sony poi mi ha affidato la videoclip dei 40 anni di Futura, di Lucio Dalla. Questa canzone non aveva un video. Ora lo avrà».

Ma in uno o due giorni di riprese, episodi curiosi, sul set, ne capitano?

«Torno a Brunori. Nel video di Guardia 82 c’è la scena in cui spinge la barca. Mentre giravamo però è caduto in acqua. Si vede che a un certo punto indossa una camicia diversa, entrambe bianche ma diverse. Lo si nota dai bottoni. Non riuscimmo a trovarne un’altra uguale…».

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Fabio Grandinetti

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