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di GIUSEPPE AVIGNONE
L’uscita di scena di Berlusconi è stata annunciata – anche se aver allungato i tempi legando le dimissioni all’approvazione del maxiemendamento non sembra aver allentato le tensioni – ma perché ciò abbia influenza positiva sulla credibilità dell’Italia in Europa e nel mondo occorrono ulteriori sacrifici e grande senso dello Stato. La partita da giocare non è assolutamente di natura politica, poiché la crisi del debito sta raggiungendo dei livelli drammatici: oggi non è importante disegnare gli scenari parlamentari tra alleanze e prospettive future ma definire ciò che è più giusto per il presente. Chi oggi chiede le elezioni con forza non considera il bene comune ma ragiona nell’interesse personale. Andare alle urne – anche se nel mese di gennaio o febbraio – comporterebbe una perdita di tempo che i mercati non sono disponibili ad accettare e soprattutto l’inizio di una fase di incertezza ancora più grande. Infatti, con la legge elettorale attuale e con l’improbabile netta affermazione di una coalizione sull’altra risulta impossibile pensare che i problemi dell’Italia possano essere efficacemente risolti, anche perché il centrodestra esce indebolito ed usurato da questa esperienza governativa e l’alternativa di centrosinistra non sembra dare molte certezze e probabilmente non pare del tutto capace di affrontare una fase di azioni obbligatorie, difficile da accettare per qualsiasi classe sociale. Pertanto, non esiste altra soluzione che un Governo tecnico che possa essere guidato da una persona di livello internazionale, capace di agire per salvare i conti pubblici e per dimostrare all’Ue e al Fmi – che con tutta probabilità saranno costretti a mettere in piedi una sorta di paracadute finanziario a breve – di essere in grado di risolvere la grave situazione in cui versa il nostro Paese. A questa soluzione sembrano propendere le opposizioni – con qualche eccezione – ma perché ciò possa concretizzarsi è necessario non l’impegno di dieci o venti parlamentari del Pdl, ma un consenso ampio da parte del centro-destra e soprattutto un’azione congiunta che non si basi sul mantenimento di privilegi e vantaggi personali, ma che possa rendere il sistema sostenibile nel lungo termine. Al di là delle concessioni politiche nella composizione di un Governo di unità nazionale – ad esempio l’assegnazione di qualche ministero chiave al Pdl in cambio di un appoggio consistente – è necessario agire immediatamente come il presidente Napolitano sta cercando di fare per evitare che qualsiasi ritardo o qualsiasi divergenza politica possa rafforzare il comportamento di banche e grandi investitori, che non credono nelle capacità dell’Italia di rialzarsi da questo tremendo incubo e che ritengono i titoli obbligazionari nostrani ormai irrimediabilmente rischiosi. Il tempo sta per scadere e non c’è più spazio per l’irresponsabilità della politica: lo chiede il popolo italiano, mai così vicino ad una crisi irreversibile.
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