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UNA telefonata di sessantuno secondi. Tanto è bastato agli investigatori della Procura di Potenza per incastrare il Corvo. Cervone aveva fatto una telefonata di troppo quel pomeriggio del 19 febbraio 2009, che aveva agganciato la cella dall’ufficio postale di “Foggia centro”, dove era in fila allo sportello l’ispettore capo della Polizia di Cerignola Leonardo Campagna. A lui gli inquirenti erano arrivati prendendo in esame tutte le telefonate che in quel giorno, a quell’ora e in quell’area, avevano avuto la durata di 61 secondi. Le indagini, dopo la scrematura, avevano portato dritto all’utenza cellulare del poliziotto, che in seguito sarebbe stato interrogato. Campagna avrebbe ammesso subito di essere stato lui l’esecutore materiale dell’invio degli esposti anonimi. Meno chiaro, secondo il pm che lo aveva interrogato, era come se li fosse procacciati e perché avesse deciso di spedirli. Le sue dichiarazioni erano talmente labili da essere definite «assolutamente inverosimili, fantasiose e prive di qualsiasi fondamento logico ed oggettivo». Insomma poco, se non per nulla credibili. Campagna aveva detto infatti di avere trovato la busta gialla all’uscita del Commissariato, appoggiate su una ruota della sua auto. Non aveva aperto la busta per diversi giorni, perché era impegnato in un esame all’università. Dopo una settimana, finalmente, l’apriva e trovava dentro i cinque esposti. Dice che sì, l’atteggiamento è stupido, ma di quelle lettere voleva solo liberarsi così le aveva spedite compilando indirizzo e mittente di suo pugno. Poi arriva la domanda cruciale. A chi crisponde e a chi invia due sms Campagna dall’ufficio postale? L’uomo dice di non ricordare. Dice di non ricordare, ma quando gli investigatori gli mostrano il numero controlla sul suo cellulare ed esclama: «Cervone». I tasselli iniziano a comporre il puzzle. Ma perché quelle telefonate a Cervone durante la fila allo sportello? Che c’entra lui con quegli esposti? Forse sapeva? «Prendo atto – dice – (…) che ricevetti una telefonata dal Cervone, senza rispondergli e che gli inviai due sms mentre ero in attesa del mio turno allo sportello». E il contenuto? «vengo richiesto di precisare per quale motivo io abbia sentito in quella circostanza l’impulso di comunicare con la stessa persona alla quale mi sono immediatamente rivolto dopo aver ricevuto l’invito a rendere interrogatorio. Rispondo che io e Cervone siamo amici e ci sentiamo e ci vediamo con una certa frequenza». Solo una telefonata tra amici, quindi. Ma che avrà l’effetto di un potente accelleratore sull’inchiesta, perché è proprio grazie ad essa che si iniziano a delineare i contorni del corvo. E questo grazie alle indagini della Procura di Potenza. Che però erano state messe in dubbio dallo stesso Campagna in una intercettazione, proprio con Cervone, nella quale diceva: «Questo, questa intercessione del procuratore capo di Potenza con quelli che ca… io c’ho pensato, quando tu me lo hai detto l’altra volta. Allora se c’è un accordo tra quelli di Potenza e questi di Catanzaro, c’è una sorta di intesa, perché le altre volte mi vieni a dire l’altra volta “è quello sta sospenduto, è venuto De Magistris, ha fatto, ha detto” ru l’altra volta». Ma il pm di Catanzaro ribadisce che quello di Campagna è solo un errore frutto di confusione, in realtà non si riferiva al procuratore capo, quando parlava di accordi, ma a chissà chi e questo perché il Procuratore capo di Potenza «anzi, ha meritoriamente – scrive il pm – con le indagini svolte prima che si profilasse la competenza di questa Procura, contribuito in maniera decisiva alle investigazioni individuando l’autore della spedizione dell’anonimo». Ecco, dunque, chi ha incastrato il Corvo.

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