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POTENZA – “PP”. Come la loggia di Licio Gelli Propaganda 2, in breve P2, e le sue moderne proliferazioni: la P3 di Marcello Dell’Utri, Denis Verdini e il faccendiere dell’eolico sardo Flavio Carboni; e la P4 del misterioso Luigi Bisignani e del deputato già magistrato Alfonso Papa. “P5” suona male, e servirebbe un’iscritto alla antica consorteria del “venerabile” di Arezzo, ma all’uomo al centro dell’intrigo di Toghe lucane bis non manca il senso dell’umorismo.
Gaetano Bonomi (in foto), sostituto procuratore generale della Corte d’appello di Potenza ostenta ancora sicurezza. Non nasconde il suo disprezzo per chi l’ha accusato, ma «al momento» si dice assorto da altri problemi. Il primo è questo: «Quale nome dare alle società segrete di cui sarei, non ricordo se direttore, presidente o amministratore delegato, società che ad oggi sono anonime. Trattandosi di enti comunque localizzati in Potenza – scrive Bonomi al Quotidiano della Basilicata – avrei ipotizzato di contraddistinguere le società di cui al tema con la sigla “PP”. Cosa ne dite?» Un nome collettivo semplifica le cose.
Poi c’è il secondo problema: «Trovare qualcuno che, pur non essendo né “conte-zio” né “zio-vescovo”, sia disposto ad elogiare pubblicamente le mie poche virtù». E qui veniamo agli strali contro i suoi principali accusatori, in testa Henry John Woodcock: il pm delle inchieste più eclatanti condotte negli ultimi anni dalla Procura della Repubblica di Potenza, tornato agli onori delle cronache proprio per l’indagine sulla P4 e la vicenda Tarantini-Lavitola-Berlusconi.
«Non ho come parenti soggetti nobili (conti, principi etc) o eventualmente appartenenti alle alte gerarchie della chiesa (cardinali, vescovi) e tantomeno ho amici, più o meno intimi, nel clero locale o nell’“intellighentia” lucana, disposti a cantare le mie lodi». Scrive Bonomi. «Sono solo un magistrato che ha sempre operato e tutt’ora opera in silenzio, senza simpatie per il clamore mediatico, che, in quanto tale, non dispone di molti supporters neanche tra i giornalisti, tra i quali purtroppo non figura nessuna mia amica e nessun amico».
Bonomi se la prende anche con qualche opinion maker fatto in Lucania: «Prendo atto che in Basilicata vi sono soggetti che, essendo onniscienti, si occupano a tempo pieno tra l’altro di giustizia, religione, cultura di problemi sociali: li invidio sinceramente perché non so dove trovino il tempo per fare tutto ciò. Assicuro tutti, compreso me stesso, che ho condotto non poche battaglie contro tutti i pressapochismi tanto a chilo ed i giustizialismi di cui è vittima il nostro Paese e con esso la società, che continuerò in tale guerra “sciasciana”: ho affrontato sempre a viso aperto non poche mosche cocchiere portatrici di tali modi deformati di leggere e risolvere i problemi del sociale, conseguendo non pochi risultati».
Infine una sferzata che sembra proprio rivolta al magistrato che per primo lo aveva messo sotto inchiesta, quel Luigi De Magistris, suo concittadino e sindaco del capoluogo partenopeo, che al teorema sulla “Toghe lucane” deve moltissimo in termini di notorietà, ma gli ha restituito tanta credibilità. «Mi aspettavo da sempre che viscidi ectoplasmi di un recente passato – testuali parole – pur raggiunti, a vario titolo, da sanzioni documentate e motivate, che oggi qualcuno tenta goffamente di far apparire come conseguenze di complotti, tentassero di rialzare la testa per riacquistare una dignità fondatamente perduta in modo irreversibile, ma sono certo che anche stavolta i loro convulsi ed agitati spasmi di avvoltoi non conseguiranno alcun risultato favorevole». Ectoplasmi e avvoltoi. Se c’è lui dietro gli esposti del “corvo di Potenza”, questa volta non le manda a dire.
Leo Amato
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