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Ha preso il via ieri dopo l’impugnazione della sentenza di 1 grado, il processo di 2 grado alla procura generale di Reggio Calabria per un docente dell’Unical, P.C., che tra l’altro pare facesse parte di un’associazione contro la violenza alle donne e che invece è accusato violentato addirittura la figlia minorenne. L’accusa, davanti ai giudici della Corte di Appello di Reggio, ha chiesto la conferma della pena di primo grado, inflittagli il 10 marzo del 2009, pari a otto anni e mezzo di reclusione, mentre la difesa del docente ha chiesto la sua assoluzione. «La vittima – ha ribadito ieri il legale del docente – si è inventata tutto». I fatti contestati vanno dal 2002 al 2005 e gli abusi si sarebbero consumati tra Reggio Calabria e Rende, dove la giovane vittima (ora quindicenne) abita.
Il tutto, avvenuto in assenza della moglie, dal quale il docente era separato. La piccola sarebbe stata spogliata, baciata e accarezzata insistentemente. Attenzioni tutt’altro che paterne, raccontate dalla stessa vittima alla madre dopo aver visto in televisione papa Giovanni Paolo II, parlare dei bambini vittime di abusi. Il docente venne arrestato nel maggio del 2005, mentre era in un’aula dell’Università della Calabria per tenere lezione.
Dalla procura di Cosenza, gli atti vennero poi trasferiti per competenza alla procura di Reggio, città dove si era verificato il primo dei presunti abusi sessuali e nel corso delle indagini si è svolto anche l’incidente probatorio, con la piccola vittima che ha ripercorso con l’ausilio di psichiatri ed esperti, tutti gli abusi, indicando come responsabile il genitore, che in primo grado era stato anche interdetto dai pubblici uffici e dalla patria potestà.

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