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LAURIA – Un tragico incidente, una morte inaspettata e dolorosa che ha segnato una domenica come tante. Antonio Cosentino, di circa 60 anni, ha perso la vita ieri mentre era a caccia, con degli amici a Lauria.
Ancora molto incerte le cause del tragico incidente. L’unica certezza è che Cosentino è morto, dopo essere stato colpito dal fucile di un collega cacciatore. Certamente un errore, magari un rumore dietro un cespuglio e, pensando a un animale, lo sparo. Inutili, a quanto sembra i tentativi di soccorrere l’uomo. Il 118 è arrivato con la massima urgenza, ma non si è potuto far molto per salvare Cosentino. Sul luogo dell’incidente sono però rimasti a lungo gli investigatori: loro intenzione è quella di ricostruire nei particolari quanto accaduto.
Cosentino aveva una piccola impresa di costruzioni. A rendere ancora più grave la situazione è il fatto che l’uomo viveva ormai in Emilia Romagna e tornava solo nei fine settimana proprio per trascorrere qualche ora tra gli amici. Originario di contrada Seluci a Lauria, l’uomo aveva una grande passione per la caccia. Una passione che, purtroppo, non gli è stata propizia.
Ancora un incidente, quindi, che accresce, in chi non ama gli sport venatori, l’idea della pericolosità della caccia. Ogni anno, del resto, si registrano numerosi incidenti, per fortuna non tutti mortali. Un problema molto sentito dalle stesse associazioni venatorie che, infatti, solo lo scorso anno – dopo la morte di ben due cacciatori – resero pubblico un documento in cui proponevano maggiore attenzione alle misure di sicurezza. «Vanno ricercati – scrivevano – tutti quei correttivi efficaci per invitare o, se necessario, obbligare coloro che praticano tale forma di caccia al totale rispetto delle norme di sicurezza prima, durante e dopo le battute, senza condizionamenti e pressioni, in perfetta sintonia con le Istituzioni Regionale e Provinciali. Il rispetto e il cordoglio per il dolore delle famiglie dei nostri colleghi scomparsi ci impone un brusco cambiamento di rotta, unitamente all’esigenza di emarginare e isolare quei “pochi” che interpretano con superficialità l’attività venatoria e le sue tradizioni e rischiano di macchiare irreparabilmente l’immagine di tutta la categoria».

ant. giac.

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