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QUANDO è stato trasportato via, a bordo della volante, Youssef Bounaim, aveva la testa bassa e lo sguardo impaurito. Non era fuggito, si era diretto verso la proprietaria del bar chiedendole di chiamare la polizia. Ha aspettato gli agenti accasciato su una sedia. Aveva appena ucciso un connazionale. Entrambi di origine nordafricana, entrambi di 35 anni.
Ieri pomeriggio, intorno alle 16, un altro uomo di origine marocchina, ma con cittadinanza italiana, era entrato nel bar Locatelli per utilizzare la postazione internet, a disposizione dei clienti sul retro del locale. Non era la prima volta che Marouane Ouchiat entrava nel bar, era un cliente più o meno abituale, molto tranquillo, dicono. Qualche minuto dopo, Youssef, marocchino con regolare permesso di soggiorno, si è affacciato nel bar e ha riconosciuto Marouane. Pare lo stesse cercando da un po’, sembra che avessero un conto in sospeso. Si dice che Marouane avesse fatto del male a una persona vicina al suo aggressore. Ma nel pomeriggio le voci sui possibili moventi alla base dell’omicidio si sono rincorsi e moltiplicati. Per adesso restano voci, gli investigatori stanno vagliando varie ipotesi.
Quando lo ha riconosciuto, tra i due è cominciato un litigio, si sono insultati per qualche secondo. In un primo momento sembrava che la cosa fosse finita lì, visto che il ragazzo si è allontanato, lasciandosi alle spalle il bar. Ma pochi minuti dopo, Youssef è tornato, aveva con sé un coltello da cucina, dalla lama molto spessa. Una volta di nuovo nel bar si è avventato contro il coetaneo, lo ha colpito con forza, più volte, al torace, allo stomaco, alla gola. Per la vittima non c’è stato niente da fare, è caduto a terra in un lago di sangue.
A quell’ora nel bar c’erano diversi clienti, pare che qualcuno abbia anche cercato di fermare l’aggressore, ma a dispetto della statura comune, l’uomo – racconta chi ha assistito alla scena – sembrava improvvisamente dotato di una rabbia e di una forza inarrestabili. Le urla, «che hai fatto?», ancora urla, «uccidetemi se volete». Così raccontavano. Poi l’aggressore ha aspettato gli agenti, arrestato in flagranza di reato.
Lentamente un clima surreale si è spostato dalla saletta del bar all’esterno. Mentre si infittiva il lavoro di operatori del 118, poliziotti, militari e uomini della scientifica impegnati con i rilievi, in strada si inseguivano commenti, racconti, dettagli. All’improvviso, quando a parecchi metri di distanza è passato un altro extracomunitario, del tutto estraneo alla vicenda, qualcuno deve aver pensato di sfogare la rabbia per l’accaduto. Si è sentito un insulto. Il malcapitato ha scosso il capo senza capirne il motivo, ma deve aver comunque pensato che era meglio girare i tacchi e cambiare strada. Nel frattempo, i pochi curiosi si erano trasformati in una piccola folla di persone e autovetture radunate davanti al locale.
A coordinare le indagini, il sostituto procuratore Sergio Marotta. Sono state raccolte le testimonianze dei gestori e dei clienti del bar presenti durante l’accaduto. Fuori, fino a sera, in tanti hanno atteso davanti alla saracinesca del bar.
L’episodio ha destato parecchio sconcerto, anche perché «la comunità marocchina – spiega il responsabile immigrati della cooperativa Punto & a capo, Nicola Coviello – è molto tranquilla. Sono stati i primi migranti ad arrivare in città e ormai sono alla terza generazione di residenti, hanno già sposato italiani, hanno figli e nipoti nati e cresciuti qui».
Sara Lorusso
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