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di PINO BOVA*
Il precipitare della situazione economica calabrese e l’immiserimento dei processi di modernizzazione del territorio, che appaiono fallimentari almeno in tema di innovazione, infrastrutturazione e competitività, mi fanno pensare che il Mezzogiorno, e la nostra Regione in particolare, siano davvero giunti al capolinea. Non abbiamo solo il tasso più alto di disoccupazione giovanile (due giovani su tre sono senza lavoro), ma registriamo il più alto indice di povertà del Paese e un reddito pro-capite che non supera il 50% del dato medio nazionale. Ci sovrasta e danneggia, poi, la grave emorragia di quanti sono costretti ad andare via, mortificando e impoverendo sempre di più le famiglie di origine e l’intera Calabria. Ci domandiamo: è solo colpa dei meridionali se questo Paese non è riuscito, dopo un secolo e mezzo di storia, a ridurre lo squilibrio tra Nord e Sud, (un miracolo che la Germania ha compiuto in soli 20 anni), o non sono stati gli egoismi e la mancanza di una coscienza unitaria dei gruppi di potere dominanti del Nord? Perché il Mezzogiorno non ha reagito quando un Governo a trazione leghista ha sottratto i fondi FAS destinati al Sud per coprire i mancati introiti dell’ICI e le eccedenze di quote latte prodotte illecitamente con la copertura della Lega; o quando è stato dimezzato il trasporto ferroviario per il Sud, o ancora quando si sono persi i fondi europei? In quale sport era impegnata la classe politica calabrese per non scendere in campo, respingere tali spoliazioni e rivendicare clamorosamente un più giusto uso delle risorse? Oggi Mosca potenzia i propri collegamenti ferroviari verso la Cina, l’India, la Corea e propone ai mercati la possibilità di portare in 11 giorni le merci asiatiche verso l’Europa attraverso la porta slovacca. Un tempo di percorrenza fortemente competitivo rispetto ai 34 giorni necessari per il trasporto delle merci via mare. Panama raddoppia l’ampiezza del proprio canale per potenziare il traffico di attraversamento delle grandi navi e il Nicaragua, con il supporto dei fondi sovrani cinesi, si prepara a fare altrettanto ed offrire una importante alternativa. Ma quali sono le politiche di sviluppo del Governo che sostengono la portualità italiana e perché le grandi compagnie armatoriali decidono di lasciare l’Italia e vanno verso la Grecia e le sponde africane (vedi Evergreen, Maersk line e recentemente il colosso cinese Cosco che ha comprato le banchine di Corinto)? E perché il megagalattico porto di Gioia Tauro è l’unico porto europeo che vede precipitare i suoi traffici e rende giorno per giorno più concreto lo spettro del licenziamento di 465 operatori MCT e forse più? La risposta, purtroppo, non è difficile: come potrebbe essere altrimenti se non si fanno scelte di competitività? Se le FS hanno abbandonato il campo? Se la Regione non ha una strategia (altro che Governo amico!) e le autorità portuali sono nominate senza il possesso di specifiche competenze, se non quelle di essere scelte tra i “cassati” della politica? Perché i finanziamenti in queste ore privilegiano il terzo valico, i porti di Trieste Monfalcone, Venezia e Genova (con la collaborazione di Unicredit) e per il Sud non accade nulla? A ciò aggiungasi che presto Ansaldo Breda sarà venduta e fra qualche mese si porrà il problema del licenziamento di nuovi lavoratori delle OMECA (circa 300 unità). Sono queste le domande che continuiamo a porci. Interrogativi che restano senza risposte concrete alle nostre attese di giustizia redistributiva e che spiegano le ragioni dell’ arretramento del Sud, al di là delle nostre non secondarie responsabilità. Credo che sia urgente pensare ad una rivoluzione. Pacifica s’intende. Con il popolo e le istituzioni locali che si battono per rivendicare il diritto di esistere, con pari dignità e con pari diritti e doveri, di tutto il Sud. Qualcuno ha tramato in questi ultimi anni per impoverirci, qualche altro lo fa ancora, con pervicace acrimonia, pensando di dirottare il “corridoio internazionale della rete europea dei trasporti”, il famoso corridoio uno Berlino Palermo, per escludere dai processi di sviluppo e dagli investimenti importanti Regioni come la Basilicata, la Calabria e la Sicilia, a favore di altre Regioni (la Puglia) già interessata dal corridoio cinque. Che ci sia lo zampino del Ministro Fitto e del nostro Governo che sull’argomento si nascondono? Certo non vorrei che sulle questioni poste nascesse una guerra tra poveri. Ma bruciare tre regioni importanti e strategiche nel Mediterraneo, annientare le nascenti speranze ed i loro progetti di cambiamento già impostati sull’alta velocità ferroviaria, il potenziamento della portualità, la infrastrutturazione, ivi compreso il Ponte sullo Stretto e l’autostrada jonica, sarebbe una grave iattura dalle conseguenze inimmaginabili. Su queste questioni le posizioni della nostra Regione e del nostro giovane Governatore – mi spiace dirlo – appaiono troppo tiepide e acquiescenti, vuote di risultati. Non emerge una leadership dirompente (basta osservare la Polverini, il sindaco Alemanno, gli stessi Lombardo e Formigoni) e non si capisce, peraltro, a quali approdi si stia lavorando per risollevare le sorti del Porto di Gioia Tauro e del sistema logistico e produttivo. Ciò non va bene, ed è giusto rappresentare che, l’arretramento sulla tenuta e la competitività del Porto di Gioia Tauro, sarà considerato dai calabresi come una grave responsabilità della classe politica regionale e del Governo, perché su queste questioni si gioca il futuro dei giovani, il futuro delle famiglie e su questo argomento nessuno può fare sconti e restare indifferente. “Il futuro è adesso” dicono i giovani. Il futuro non è una sala di attesa dove i giovani consumano la loro inutile vita fino alla soglia dei 40 anni. Ecco perché bisogna cominciare a rumoreggiare, bisogna cominciare a chiamarci presenti tutti, nessuno escluso, perché non ci sia chi pensa di costruire le sue fortune personali, familiari e politiche sulle nostre spalle, sulle spalle della Calabria. Forse non sarebbe inutile, Direttore, pensare a una nuova manifestazione di massa, magari nel luogo emblematico di Gioia Tauro, per segnare il tempo di una nuova stagione attiva: attiva sì contro la mafia, ma attiva anche per il lavoro e lo sviluppo. Una Calabria protagonista che reclama nuove decisioni, che respinge vecchie e nuove dimenticanze, per costruire ora il suo futuro e quello dei suoi ragazzi.
*Coordinatore Generale Progetto
Città Reggio Calabria
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