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di DOMENICO TALIA
Sappiamo che di questi tempi la cultura soffre più del solito. La crisi morde tutti e, in un paese i cui governanti ci hanno spiegato che “la cultura non si mangia”, mentre loro mangiano ben altro, figuriamoci se vi può essere attenzione verso quelle cose che non generano soldi in maniera visibile e immediata, anche se hanno un grande valore per i singoli e per l’intera società. I libri sono certamente una tra le più importanti invenzioni che l’uomo ha saputo concepire per creare cultura e conoscenza, per conservarle e per diffonderle, per moltiplicarle. Il libro è il mezzo più riconosciuto e usato per codificare, generare e diffondere il pensiero, le esperienze e i valori umani. Ciò è una chiara testimonianza del suo insostituibile ruolo nella storia della civiltà. Nonostante questo, oggi i libri non sono al primo posto tra gli strumenti da valorizzare e diffondere in questa nostra società decadente votata all’adorazione del tubo catodico o dello schermo piatto. La testimonianza di ciò la si può trovare facilmente: oggi sono in tanti a comprare televisori e telefonini a rate mentre ormai i libri a rate non li compra più nessuno. La vicenda che sta vivendo L’Indice dei Libri del Mese rappresenta un caso rappresentativo dei problemi in cui si dibatte il mondo della produzione culturale e dei libri. L’Indice dei Libri del Mese è una delle più autorevoli riviste italiane d’informazione culturale. Pubblica ogni mese recensioni di libri stampati in Italia e all’estero e da queste prende spunto per riflettere e ragionare sulla cultura del nostro Paese. La rivista è stata fondata nel 1984 da un gruppo di intellettuali guidati dal critico letterario Cesare Cases ed ogni mese propone riflessioni sull’attualità culturale a partire dalle pubblicazioni più significative del momento. Per avere un’idea del valore dei contributori che nel tempo hanno scritto su quella rivista, tra i tanti si possono citare Norberto Bobbio, Franco Fortini, Cesare Garboli, Claudio Magris, Vittorio Foa, Carlo Dionisotti, Salvatore Settis, Sebastiano Timpanaro, Edoardo Sanguineti, e Maria Corti. Dopo quasi trent’anni di storia culturale, L’Indice dei Libri rischia di chiudere. Ha un debito di circa 200.000 euro e se non riesce a ripianarlo entro la fine dell’anno, dovrà sospendere le pubblicazioni e portare i libri in tribunale. La nostra è una nazione dove un giornale che ha “rubato” il nome ad uno storico quotidiano del movimento socialista, che oggi nessuno legge e il cui editore è latitante, ha ricevuto fondi pubblici per circa 15 milioni di euro negli ultimi sei anni. E’ dunque vergognoso che nello stesso paese una rivista di libri prestigiosa come L’Indice debba chiudere per la mancanza di una cifra pari a poco più dell’uno per cento dei soldi che ha incassato il latitante Lavitola per stampare un giornale inutile, se non dannoso. La circostanza è sconfortante e, allo stesso tempo, ci dà la misura dei tempi in cui tutti viviamo. Anche quando la classe dirigente è scellerata, i cittadini per fortuna non si scoraggiano e cercano di fare il possibile per risolvere i tanti problemi che, a ragione, richiedono una soluzione. Per aiutare l’Indice dei Libri è stata lanciata una campagna di raccolta fondi rivolta ai lettori e agli amanti dei libri che serve a sostenere economicamente la rivista per darle la possibilità di sopravvivere. Per aiutare L’Indice dei Libri si può versare anche solo 5 euro tramite il sito web della rivista (www.lindiceonline.com) oppure ci si può abbonare per un anno o diventare soci della cooperativa spendendo poche decine di euro. La scomparsa dell’Indice dei Libri dal panorama editoriale italiano sarebbe un ulteriore impoverimento della nostra società e della nostra cultura. La sua sopravvivenza sarà invece un importante segnale di speranza e di un futuro possibile per l’informazione, la cultura italiana e i tanti amanti dei libri.

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