4 minuti per la lettura
MELFI – La conferma a quello che da tempo si temeva è arrivata ed è ufficiale: l’avvelenamento delle acque sotterranee nell’area dell’impianto Fenice di Melfi va avanti da anni. Almeno nove, come dimostrano i monitoraggi relativi al periodo che va dal 2002. Dati rimasti per tutto questo periodo avvolti da “mistero”, e finalmente resi noti dall’Arpab (consultabili sullo stesso sito dell’agenzia), che testimoniano come l’inquinamento da metalli pesanti fosse in corso già da allora. I valori di piombo e nichel sono “fuori legge” a partire dal gennaio di nove anni fa. In questa prima rilevazione, ora pubblica, si vede come il superamento della soglia, considerata dalla legge come limite, è minimo. Ma già a novembre dello stesso anno i dati fanno registrare concentrazioni ben più allarmanti in almeno sei pozzi: in quello “9” il valore è di 680, mentre la soglia massima tollerata è pari a venti. Nel pozzo “3”, due mesi dopo, la concentrazione di nichel arriva a 750. E’ evidente che qualcosa negli impianti del termoinceneritore di Melfi non funziona. Ma nonostante questo Fenice continua a macinare, indisturbata, rifiuti e, soprattutto, nella totale inconsapevolezza delle popolazioni rispetto all’inquinamento in corso e dei pericoli correlati. Eppure il nichel è sostanza molto velenosa. Nella definizione che ne dà wikipedia si legge che “può danneggiare il sistema nervoso (specialmente nei bambini) e causare malattie del cervello e del sangue. L’esposizione al piombo o ai suoi sali, soprattutto a quelli solubili, può causare nefropatie, caratterizzate dalla sclerotizzazione dei tessuti renali, e dolori addominali colici”. Nonostante questo, nessuno dice niente. Tace l’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente a tace anche il dipartimento regionale al ramo a cui, periodicamente, vengono inviati i risultati dei monitoraggi dell’Arpab. Ma c’è di più. Quando nel marzo del 2009 viene finalmente scoperchiato ciò che bolle nelle pentole della Fenice, cioè quando per la prima volta l’ex dirigente dell’Agenzia, Vincenzo Sigillito, decide finalmente di rendere nota l’emergenza ambientale in corso, ad anni di silenzio si aggiunge il giallo. Nelle acque di falda ci sono concentrazioni di sostanze altamente cancerogene oltre le soglie consentite dalla legge. Non solo metalli pesanti ma anche tricolorometano, tricoloroetilene, tetracloroetilene. Ma i dati ufficiali partono solo dal 2008. Alla Procura di Melfi, che nel frattempo sul caso apriva un’inchiesta, e in terza commissione regionale, l’ex dirigente dice che per il periodo precedente al 2008 non ci sono risultati ufficiali. Per cui non è possibile datare con certezza l’inizio del malfunzionamento dell’impianto che provoca la contaminazione delle acque con metalli pesanti. Ora, come si diceva all’inizio, quei dati ci sono e confermano la notizia peggiore: le popolazioni del Vulture convivono con i veleni da quasi dieci anni. Un problema che si aggrava nel tempo come si può dedurre guardando l’incremento dei valori relativi a sostanze come nichel nei mesi e negli anni successivi. A partire dal 2004 ai valori fuori legge di nichel e piombo si aggiungono anche quelli di mercurio e cromo. Anche per quest’ultimo elemento, il trascorrere del tempo, senza che Edf si preoccupi di rimuovere le cause dell’inquinamento, non fa che peggiorare le cose. Vale la pena ricordare quali sono i danni che il cromo può provocare per la salute umana in dosi eccessive: si va dal danno epatico e renale a necrosi tubulare acuta, insufficienze renali acute, oltre a congiuntiviti e dermatiti. Al 2007 la situazione è questa: oltre a nichel, cromo, mercurio e piombo – ben al di sopra dei valori massimi fissati dalla legge – troviamo anche il cadmio, sostanza tossica anche a basse concentrazioni, tanto che chi lavora con i suoi composti è tenuto a farlo sotto una cappa aspirante in modo da non inalarne i vapori. A febbraio del 2008 nel pozzo 6 la concentrazione di mercurio è 140 volte superiore ai parametri; a marzo la presenza di mercurio 12 volte superiore alla norma; a luglio 2008 il mercurio è 70 volte superiore alla norma; a settembre 2008 la stessa sostanza è 90 volte oltre la norma; a dicembre si arriva a quota 100. Nel frattempo viene fuori anche che, oltre ai metalli, nelle acque di falda ci sono tricolorometano, tricoloroetilene, tetracloroetilene. Sostanze che vengono monitorate dall’Arpab solo dal 2007 e quindi non è possibile dire cosa sia accaduto negli anni precedenti. Fatto sta che è solo a marzo del 2009 che diventa finalmente ufficiale la gravità dell’emergenza ambientale provocata dell’impianto della multinazionale francese. Alla comunicazione dell’Arpab segue l’ordinanza dell’allora sindaco di Melfi, Ernesto Navazio, che vieta l’utilizzo dell’acqua di falda. Ma chi ha tutelato la salute dei cittadini nei sette anni precedenti? Qualcuno primo o poi ne dovrà rispondere.
Mariateresa Labanca
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA