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POLICORO – Diciassette mesi di indagini su quattordici persone, tra amministratori pubblici e imprenditori, oggi con avvisi di garanzia “a sorpresa” per l’intera ex Giunta guidata dal sindaco di Policoro, Nicola Lopatriello (in foto), ad esclusione del solo assessore Saverio Carbone perché assente nelle circostanze contestate.
Sono questi i numeri e le novità dell’inchiesta condotta dalla Guardia di finanza di Policoro e denominata, appunto, “Sistema Policoro”, nata da presunti illeciti nella fornitura di lampade a led per la pubblica illuminazione. L’indagine, scaturita dagli arresti del 13 gennaio scorso, è stata chiusa formalmente ieri, con la notifica degli avvisi di conclusione al sindaco Lopatriello, difeso dall’avvocato Gianni Di Pierri, all’assessore comunale Cosimo Ierone, difeso da Nuccio Labriola e di recente tornato nella nuova Giunta con altra delega, ma all’epoca dei fatti contestati delegato ai lavori pubblici; poi il segretario generale Felice Latronico, il dirigente del Terzo settore, Felice Viceconte, gli avvocati Piermaria e Giovanni Lista, gli imprenditori policoresi Felice D’Amato (ex vice sindaco), Rocco Larocca, Giuseppe Benedetto e Giuseppe Pascale, oltre ai quattro indagati pugliesi: l’imprenditore di Noci (Ba) Giovanni Colamarino, Luigi Rotunno, considerato il “socio occulto” di uno degli imprenditori interessati ad accaparrarsi la fornitura di lampade al led; Gennaro Livio e l’avvocato Giuseppe Leo.
L’avviso di conclusione delle indagini è un atto che si tradurrà certamente, entro i prossimi venti giorni, in un rinvio a giudizio per istigazione alla corruzione, corruzione e corruzione aggravata. Come già evidenziato in sede di Riesame, subito dopo gli arresti, la posizione del sindaco Lopatriello si è progressivamente alleggerita, perché il grave reato di concussione (articolo 317 del Codice penale) è stato derubricato in istigazione alla corruzione (articoli 319/322 cp), con una conseguente riduzione della eventuale pena. Stesso discorso vale per l’imprenditore policorese Giuseppe Benedetto e per i fratelli Lista, questi ultimi difesi dall’avvocato Filippo Vinci, che già in sede di Riesame riuscì a dimostrare la necessità di riqualificare il capo d’accusa, alleggerendo la posizione dei suoi assistiti, i quali per questo furono scarcerati per primi già il 3 febbraio scorso.
Il sindaco Lopatriello è stato l’unico amministratore arrestato a non dimettersi dal suo incarico pubblico, nonostante la lunga detenzione preventiva; tanto da tornare al suo posto dopo la scadenza dei termini, avvenuta nel marzo scorso. I militari della Guardia di finanza hanno osservato per nove mesi le trattative per l’assegnazione della fornitura di lampade a risparmio energetico, intercettando una serie di conversazioni nelle quali i diretti interessati avrebbero parlato di richieste da parte di Lopatriello e del suo “numero due”, l’assessore Ierone. In una singola occasione avrebbero seguito da vicino il pagamento di un anticipo sulla mazzetta stabilita per l’appalto dell’illuminazione di tutto il Comune: quattromila euro nascosti in una scatola di sigari che, secondo l’accusa, si sarebbero spartiti i politici, Lopatriello e Ierone, e i funzionari dell’Ufficio tecnico e contabilità, Felice Viceconte e Felice Latronico.
A Ierone viene contestato, inoltre, di aver incassato direttamente una mazzetta di 2.700 euro, consegnatagli presso la propria abitazione dall’imprenditore policorese Giuseppe Pascale. Dall’indagine, coordinata inizialmente dal pm Valeria Farina Valaori e poi rilevata dal procuratore capo Celestina Gravina, sarebbero emersi pagamenti di tangenti da parte di due distinte cordate di imprenditori (una facente capo all’imprenditore Giovanni Colamarino di Noci e un’altra riconducibile all’imprenditore barese Gennaro Livio) al fine di ottenere l’aggiudicazione di lavori installazione e/o di fornitura di apparati illuminanti a led, caratterizzati da un particolare risparmio energetico. Nella vicenda, oltre al coinvolgimento degli amministratori, dei funzionari pubblici e dagli imprenditori direttamente interessati ai lavori da un lato, si registra, dall’altro, quello, in qualità di intermediari, dei professionisti e degli altri imprenditori tratti in arresto. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’affidamento senza il ricorso a procedure di evidenza pubblica dei lavori di installazione e/o di fornitura di apparati illuminanti a led, per importi al di sotto della soglia di valore per la quale il Codice degli Appalti prevede l’esperimento di gare di appalto, rappresenterebbe un presupposto per la successiva aggiudicazione, a favore degli imprenditori che avrebbero versato le tangenti, di un appalto ben più consistente, del valore di circa 4 milioni di euro, relativo all’ammodernamento di tutto l’impianto di pubblica illuminazione del Comune di Policoro.
In sostanza, secondo l’ipotesi investigativa, i lavori eseguiti per importi “sotto soglia” dagli imprenditori accusati di avere corrisposto tangenti, avrebbero avuto la finalità principale di “accreditare” le imprese presso l’amministrazione comunale la quale, all’esito dei parziali interventi sull’impianto di illuminazione, avrebbe rilasciato una dichiarazione cosiddetta di “gradibilità” attestante la convenienza dell’iniziativa per l’Ente, sotto il profilo del risparmio energetico.
Secondo l’accusa, dunque, il progetto criminoso sarebbe stato quello di “blindare”, attraverso l’attestazione della superiorità tecnica e qualitativa dei prodotti illuminanti, il futuro affidamento a favore degli imprenditori accusati di corruzione, dell’appalto principale. Fra venti giorni, come stabilisce la procedura, il Gip Roberto Scillitani potrebbe formalizzare i rinvii a giudizio.

Antonio Corrado

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