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Automezzi in fila sulle autostrade italiane

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Vola Atlantia in Borsa dopo l’accordo raggiunto con il governo per il riassetto di Autostrade che prevede la progressiva uscita della holding della famiglia Benetton dal capitale. Il titolo per tutta la giornata ha marciato a grande velocità ampliando il rialzo minuto dopo minuto. Alla fine ha guadagnato circa il 25% a 14,4 euro annullando le perdite degli ultimi giorni. Un gran sospiro di sollievo perché è stato scongiurato (anche se non del tutto annullato) il rischio della revoca che avrebbe travolto tutto il gruppo. Ma dietro questo rialzo c’è dell’altro. Perché forse, a guardar bene il vero affare lo hanno fatto proprio i Benetton. In un colpo solo si sono liberati di una società che l’avarizia della loro gestione ha ridotto in condizioni non certo ottimali. Perché non ci sono solo le 43 vittime del Ponte Morandi ma anche i 40 ragazzi morti ad Avellino a causa di un pullman con i freni rotti caduto in un burrone. I periti del Tribunale hanno stabilito che una maggiore solidità delle barriere avrebbe sicuramente limitato i danni. Ma non finisce qui.

I Benetton restituiscono allo Stato un’azienda fortemente indebitata e con prospettive reddituali decrescenti visto che dovrà tagliare i pedaggi (almeno il 5% in prima battuta) e aumentare considerevolmente gli investimenti e gli indennizzi al territorio. Il forte rialzo di Atlantia nell’aridità di una quotazione di Borsa contiene tutti questi messaggi positivi per i soci di Atlantia.

L’intesa raggiunta nella notte a Palazzo Chigi prevede, in estrema sintesi, l’ingresso di Cdp nel capitale di Aspi con una partecipazione del 33% attraverso un aumento di capitale da tre miliardi, la successiva vendita da parte di Atlantia del 22% della concessionaria a investitori istituzionali (graditi a Cassa) per una cifra che deve essere ancora stabilita. Atlantia manterrà una quota dell’11% che potrà monetizzare nella successiva quotazione in Borsa di Autostrade per concentrarsi sulla gestione degli aeroporti (a cominciare da Fiumicino e Ciampino) e sulle attività all’estero.

In queste condizioni non è certo un azzardo dire che la furia ideologica impressa dai Cinquestelle a tutta questa vicenda finirà per accollare allo Stato un costo esorbitante. A cominciare dall’enorme debito di Autostrade la cui garanzia miliardi passerà da Atlantia ai nuovi proprietari.

A fotografare la situazione è Standard & Poor’ s. Il debito di Aspi, secondo la più nota agenzia di rating mondiale, ammonta a circa 9,8 miliardi di euro, inclusi 7,7 miliardi di obbligazioni di cui 3,9 miliardi garantiti da Atlantia (e domani dalla nuova proprietà). Autostrade ha poi 2,1 miliardi di linee di credito, cui si sommano i 900 milioni messi a disposizione sempre dalla controllante Atlantia, il 24 aprile scorso, a copertura dei fabbisogni finanziari nel piano di cassa per il periodo 2020-2021. E così siamo già abbondantemente sopra i 10 miliardi.

E poi ci sono i 7,5 miliardi che il governo ha chiesto fra investimenti e manutenzione sulla rete, destinati a mettere in sicurezza ponti, viadotti, cavalcavia, gallerie, pavimentazioni, barriere di sicurezza. Aggiungiamo il taglio dei pedaggi che farà evaporare almeno 150 milioni di incassi l’anno. Nel calcolo bisogna aggiungere le risorse con cui F2i, Cassa Depositi e i loro alleati dovranno sottoscrivere l’aumento di capitale destinato a portarli in maggioranza. Quanto dovranno investire? Di cifre si comincerà a parlare solo dopo il 27 luglio. Nel frattempo sappiamo che i soci di minoranza di Autostrade (Allianz, Edf, Silk Road) nonostante il pandemonio dell’ultimo mese hanno mantenuto invariato , nell’ultimo aggiornamento di bilancio, il valore di libro delle loro partecipazioni che attribuisce ad Aspi un valore complessivo di 11,4 miliardi.

Alla fine il conto per riportare sotto l’ala dello Stato i 2854,6 chilometri di rete in concessione ai Benetton, rischia di essere molto salato. Non meno di 20 miliardi di euro, fra debiti, investimenti in ammodernamento e manutenzione, tagli ai pedaggi e fiche d’ingresso a carico dei nuovi soci per acquisire la quota di controllo in Autostrade .

Visto che alla fine paga lo Stato è naturale la soddisfazione dei protagonisti.

I Cinquestelle perché Autostrade non sarà più classificabile come parte gruppo Benetton. L’anima “trattativista” del Pd (Gualtieri e De Micheli) che ha ottenuto quello che voleva.

Il premier Conte che avrà il suo successo: il 10 giugno all’inaugurazione del nuovo Ponte di Genova potrà dire che lo sta riconsegnando ad Autostrade ma non più ai Benetton.


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