La nave Moby Zaza utilizzata per la quarantena di migranti
2 minuti per la letturaCATANZARO – Una procedura veloce per trovare nel giro di due-tre giorni un’altra nave da destinare alla quarantena dei migranti positivi al Covid. Ad avviarla oggi – si apprende – è stato il soggetto attuatore per la materia, Michele Di Bari, capo Dipartimento delle Libertà civili e dell’immigrazione del ministero dell’Interno. Si attendono risposte nel giro di due-tre giorni. Se non ci emergeranno offerte dal mercato, il Viminale virerà sul “piano B” e cercherà strutture a terra – come sedi militari – per assicurare l’isolamento dei contagiati che sbarcano. La decisione arriva dopo le reiterate richieste avanzate da Jole Santelli, la presidente della Regione Calabria che ha insistito molto per avere una nave che potesse ospitare i migranti in quarantena (LEGGI) evitando così le proteste sui territori indicati, invece, per ospitare i migranti.
Della procedura è stato informato il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. L’obiettivo del Viminale è che arrivino rapidamente risposte dal mercato, vista l’impennata di sbarchi di luglio. Ma il periodo non è dei più favorevoli: servono navi con precise caratteristiche, spazi e servizi igienici adeguati. Non ce ne sono nella disponibilità dello Stato, per questo è stato attivato un bando veloce, confidando che giungano manifestazioni d’interesse.
Per l’unica “nave-quarantena” attualmente in attività, la Moby Zazà, che si trova a Porto Empedocle, la concessione, in scadenza, è stata prorogata per altri 10 giorni in modo da concludere l’isolamento sanitario dei migranti ora ospitati.
L’alternativa alle navi è quella di trovare strutture adatte a terra, che diano garanzie dal punto di vista della protezione dall’esterno e non facciano scattare “rivolte” come ad Amantea. Il Viminale pensa quindi a sedi militari, come caserme, che saranno vigilate con un dispositivo rafforzato.
Sull’arrivo di migranti in Italia l’obiettivo è «non gravare sulle comunità», come ha spiegato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, rispondendo a una domanda dei cronisti sul caso calabrese.
«Nel caso della Calabria – ha aggiunto il ministro – ho sentito ieri sera la presidente Santelli, quindi cerchiamo di lavorare insieme su questo fronte».
«Il protocollo anti covid – ha precisato Lamorgese – lo stiamo applicando da quando ancora non se ne parlava in Italia”, dall’inizio di febbraio: “quando arrivavano i migranti li portavamo in strutture chiuse dove poi facevano la quarantena per 14 giorni».
«Oggi – ha aggiunto – dopo febbraio-marzo, abbiamo visto tutti quello che l’Italia avuto, il momento di difficoltà di chiusura totale. Siamo stati a casa, gli italiani sono stati bravissimi in questo. E allora a questo punto anche noi ci siamo resi conto che nel momento in cui” i migranti arrivavano “era necessario dare una garanzia anche alle comunità. Abbiamo preso una nave dove far fare loro la quarantena, ora abbiamo fatto una gara, che una prima volta è andata deserta, e l’abbiamo rifatta con procedura accelerata: nel giro di due giorni dovremmo vedere se c’è qualcuno, penseremmo di sì perché ci è arrivata notizia che c’è qualche società interessata». Tutto ciò, ha ribadito, «per non gravare sulle comunità».
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