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Secondo gli inquirenti la lettera di Rocco Pesce, il boss ergastolano che dal carcere di Opera lo scorso 25 agosto ha inviato una missiva dai toni intimidatori, e insieme diffamatori, al sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi, ha tutte le caratteristiche per essere considerata un vero e proprio “segnale di pericolo”, a tutti gli effetti, per il destinatario. E così ieri, nel corso di una riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia appositamente convocata a Reggio Calabria dal prefetto Luigi Varratta, si è deciso di assegnare ad Elisabetta Tripodi un servizio di scorta, come, del resto, aveva auspicato lo stesso Ministro dell’Interno Roberto Maroni, nel corso di una telefonata fatta al primo cittadino di Rosarno, subito dopo l’arrivo in municipio della missiva spedita dall’istituto di pena milanese.
Per adesso si tratterà solo di un servizio di protezione personale che tecnicamente viene definito una scorta di “quarto livello” e che da oggi costringerà il sindaco di Rosarno ad effettuare qualunque spostamento dalla propria abitazione, su un’auto (non blindata) delle forze dell’ordine e con un agente di polizia come autista. Gli inquirenti hanno riferito alla Tripodi che la lettera, in cui l’ergastolano Rocco Pesce esprimeva il suo «rammarico» per le decisioni del Comune di Rosarno di costituirsi parte civile nei processi contro la cosca e di sgombrare una casa abusiva abitata dalla madre e dal fratello del firmatario, è effettivamente uscita dal carcere di Opera. E che vi sono tutti i presupposti per alzare il livello di allarme sulla sicurezza personale del sindaco eletto nel novembre scorso, dopo il commissariamento seguito allo scioglimento per mafia del comune nel 2008.
Ma un altra intimidazione presa in esame nel corso della riunione di ieri a Reggio è stata quella ai danni di Don Giuseppe Campisano, al quale nella notte tra lunedì e martedì scorso, è stata presa a colpi di pistola la sua auto. Padre Giuseppe Campisano però non si sente intimidito: «Continuerò la mia missione come ho sempre fatto», ha affermato con decisone. «Non ha mai pensato di mollare, nemmeno per un minuto». Intanto proseguono le indagini per dare un nome e un volto a chi ha sparato contro l’auto di padre Campisano e in tale direzione sono al lavoro i carabinieri della compagnia di Roccella Jonica, diretti da Marco Comparato, che stanno concentrando l’attenzione sulle telecamere a circuito chiuso posizionate nei pressi della chiesa di San Rocco ma anche sul percorso che gli attentatori potrebbero aver seguito per giungere nei pressi della canonica e sparare contro l’auto del parroco antimafia. Diversi i filmati che, in queste ore, sono al vaglio dei militari dell’Arma. Per il parroco è stato disposto un servizio di vigilanza.
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