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I Benetton vogliono chiudere la lite con il governo ma non hanno nessuna intenzione di uscire da Autostrade come ripetono ogni giorno gli esponenti grillini (ieri è intervenuto direttamente il presidente della Camera Fico). È questo il senso della sequenza di consigli d’amministrazione delle società del gruppo. Alla fine sono state elaborate due lettere di cui una è già arrivata al ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli.

La studierà e martedì la porterà in consiglio dei ministri. L’ha mandata ieri pomeriggio la società Autostrade con le proposte di modifica della concessione per evitare la revoca. La seconda arriverà in un secondo tempo ed è, ovviamente, subordinata all’approvazione dell’altra. Sarà spedita dalla capogruppo Atlantia con la disponibilità a cambiare la governance della controllata. Prevede l’apertura alla partecipazione pubblica attraverso Cdp e il veicolo che F2i sta preparando insieme a Poste Vita e ad alcune casse di previdenza.

I due progetti sono separati. La proposta di Autostrade risponde alle richiesta che i capi di gabinetto del Mit e del Tesoro, insieme al segretario generale di palazzo Chigi, hanno avanzato all’incontro di giovedì. In quella sede il Governo è stato chiaro: non va bene l’ultima offerta di Autostrade, datata 10 giugno e pari a 2,9 miliardi tra taglio delle tariffe, investimenti e manutenzioni. Oltre, ovviamente ai nuovi risarcimenti Genova. Il governo ha chiesto 500 milioni in più portando il piatto a 3,4 miliardi. E poi una riduzione dei pedaggi strong, tra il 5 e il 10%, spalmata sì negli anni di durata della concessione, ma in maniera più consistente da subito.

La seconda mossa, riguarda direttamente la famiglia Benetton in quanto azionista di maggioranza di Atlantia cui fa capo l’88% di Autostrade. La decisione è quella di diluire la quota, scendendo sotto il 51%, ma non di uscire dai giochi. Quindi cessione del controllo, ma non azzeramento come vogliono i 5 stelle. Una scelta non punitiva ma di compartecipazione. Autostrade ha bisogno di capitali freschi e di un rilancio industriale e di liquidità.

Lo schema del futuro assetto è già tratteggiato con l’ingresso del fondo F2i e la partecipazione (ancora da sbloccare) della Cassa depositi e prestiti che potrebbe fare un’operazione di conversione del debito. Ma ci sono anche altri soggetti interessati, come il fondo Macquarie. Un’operazione del valore di almeno tre miliardi che porterebbe Atlantia al 30% Una minoranza di blocco che conserverebbe un ruolo alla dinastia trevigiana nella governance. Ma soprattutto nella gestione considerando che i nuovi arrivati sarebbero solo esperti di finanza. Quindi senza uomini né mezzi per gestire una macchina molto complessa come tremila km di asfalto e viadotti.

Questo però è il secondo tempo. Prima bisogna affrontare il primo, quello che passa dalla nuova offerta su tariffe e manutenzioni. Solo così, infatti, si potrà definire con esattezza il valore della quota di Atlantia e provare a trovare un accordo sul secondo tempo. Un percorso, comunque, non semplice. Perché i grillini vogliono giocarlo solo se i Benetton lasciano il campo. Una partita dentro un’altra partita, quella che gioca dentro al Governo, con il Pd che spinge per un accordo che può contemplare anche solo la discesa in minoranza dei Benetton e non l’azzeramento. Questa partita si giocherà al Consiglio dei ministri di martedì. Fino ad allora si tratterà ancora. Dentro e fuori.


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