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POTENZA – Anche la compagna di Francesco De Biase poteva fare la stessa fine. Se solo fosse arrivata qualche minuto prima. Perché in situazioni del genere, quando qualcuno sente un rumore sospetto nella casa accanto chiamare i proprietari potrebbe condannarlo a morte. Bisogna sempre avvertire le forze dell’ordine.
E’ l’appello lanciato ieri mattina dagli investigatori della procura della Repubblica di Potenza al termine di una complessa operazione denominata ”Arancia Meccanica”.
A finire in carcere sono state 4 persone tra i 19 e i 25 anni sono state arrestate stamani nel campo rom di Scampia-Secondigliano con l’accusa di rapina e tentato omicidio.
Avevano lasciato un cellulare sulla “scena del crimine” che ha permesso ai Carabinieri di Venosa di seguire le loro tracce tra Basilicata, Campania e Abruzzo.
I militari, un centinaio circa (l’operazione è stata condotta in collaborazione con i Carabinieri di Napoli), ieri mattina hanno circondato il campo: sono stati ostacolati da un gruppo di donne che ha tentato di impedire loro l’accesso alle baracche, e in una di queste hanno scoperto uno dei ricercati, nascosto in una botola che portava a una stanza sotterranea.
I particolari degli arresti sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa, dal Procuratore della Repubblica, Laura Triassi, e dai comandanti provinciale di Potenza e della compagnia di Venosa dei carabinieri, il colonnello Giuseppe Palma e il capitano Vincenzo Varriale.
All’inizio di ottobre le quattro persone arrestate – Janko Petrovic (19), Daniel Radosavljevic (19), Valentino Radosavljevic (20 anni), Nicolae Alexandru Boldijar (25), tre di loro sono nati in Italia – hanno rapinato la villa di De Biase, un odontotecnico di Venosa. Ma durante il furto sono stati sorpresi dal proprietario, poi violentemente picchiato con una spranga di ferro e ridotto in fin di vita. L’uomo è stato in coma per settimane e ancora oggi è ricoverato in ospedale.
I carabinieri hanno recuperato i tabulati telefonici e alcune foto scattate con il telefonino. E’ stata però una ricarica telefonica effettuata il giorno prima della rapina a indirizzare gli investigatori: l’accredito era stato fatto nei pressi del campo rom, in un bar dotato di telecamere di videosorveglianza. E sono state le immagini a permettere ai militari di ricostruire una parte della banda, e a risalire poi, con interrogatori e indagini a tutto campo, all’attività dei quattro, che spaziava in diverse zone del Mezzogiorno.
«Sono reati dal grave riflesso sociale – hanno spiegato gli investigatori – che richiedono prontezza nell’intervento e forti attività di indagine e di prevenzione, per questo suggeriamo sempre ai cittadini di non intervenire personalmente, ma di contattare le forze dell’ordine ed evitare rischi».
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