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di FRANCO CRISPINI
Il primo di tutti è lui, il perseguitato nazionale, il simbolo vivente di vittima prescelta di una giustizia persecutoria e della gogna mediatica; poi ve ne è una interminabile schiera, di meno grandi, di più piccoli, fino ad arrivare a quelli che sono casi marginali negli elenchi dei “politicanti” sparsi per tutto il territorio, ma che sono le terze fila degli affari. È diventato davvero uno spettacolo tragicomico quello che si offre quotidianamente alla stampa attraverso servizi fotografici (quanto non ne stiamo vedendo, dei Penati, Tedesco, Papa, Milanese, Cosentino etc.), dichiarazioni, interviste: non c’è manco l’ombra di un “mea culpa”, nemmeno un accenno a qualche, non diciamo di più, tentazione di trarre profitti dai propri ruoli, di violare regole, di offrire il fianco ai magistrati perché essi sorveglino su eventuali infrazioni alle leggi. Vi è un serio problema che va studiato e capito: come è stato possibile che il nostro Paese si è riempito di casi così numerosi di persone inquisite, intercettate, indagate, condannate, la maggior parte provenienti dalla politica, tutte con addebiti gravi di profittatori del denaro pubblico, di affarismi indecenti per accrescere le ricchezza della “casta” dei politici? Si tratta semplicemente di abusi del potere giudiziario, di un uso tutto politico che la magistratura fa delle giustizia ? O non piuttosto di una bassa qualità della classe politica che ha varcato i limiti della morale e del diritto e sfida quotidianamente anche la meno intransigente vigilanza dei giudici? Quel che si vede subito è un incalzare di azioni giudiziarie sulle più svariate materie in cui sono coinvolti direttamente o indirettamente personaggi più noti e meno noti, immischiati nella politica nelle quale ai diversi livelli ricoprono dei ruoli che rendono possibili intese con ambienti affaristici. In tantissime Procure italiane, non soltanto in quella di Milano, che è come la fucina della “persecuzione” per eccellenza, sono aperti processi per quanti devono rispondere di reati di diversa entità: cordate e “cricche” affaristiche, schiere rapaci di estorsori di denaro pubblico, nei Comuni, nelle province, nelle Regioni, là dove la politica apre varchi agli intrallazzatori. I cittadini condannerebbero certamente una magistratura che restasse inerte di fronte a un quadro di gravissime violazioni delle leggi, e non pensano affatto che c’è in atto un piano giudiziario per delegittimare il potere politico volendolo vedere quale esclusivo fautore di corruzione, esso stesso inquinato e arrogantemente incline a sottrarsi alla giustizia. Non vi è dubbio quindi che difficilmente può essere fatta apparire come volontà di una magistratura politicizzata, di sinistra, di colpire un ceto politico, tutti i berlusconiani d’Italia, quella che d’altro lato si abbatte anche su quanti nella sinistra tralignano nella gestione del potere, intenti a trarre profitto dalla gestione del denaro pubblico. Eppure una stampa prona e prezzolata tende a presentare le cose in quel modo: una giustizia che viene meno alle sue alte ragioni, che tiene sulla corda quanti operano per il bene comune con un mandato legittimato dal voto popolare, che è faziosamente schierata con una parte politica. In tutti i modi, ogni volta che esplodono casi clamorosi, e oramai se ne va perdendo il conto, nei quali è sempre in primo piano un personaggio politico, o legato a filo doppio a un carro politico, pochi trovano l’opportunità di andare a vedere cosa è divenuto il ceto politico, quale mutazione antropologica ha subito. E invece è proprio qui una delle chiavi per capire quale terreno facile trovi il potere giudiziario nel perseguire atti di corruzione addebitabili a politici senza scrupoli, i quali hanno completamente smarrito tutte le ragioni che sostanziano i compiti cui vengono chiamati. Occorrerebbe appunto cercare il profilo di politico quale si è imposto in anni recenti a tutti livelli della rappresentanza, comunale, provinciale, regionale: senza fare di tutte le erbe un fascio, un politico che si è reso sempre di più somigliante a un faccendiere, un mestieriante senza scrupoli, uno “scambista” esperto nel voto di scambio, per nulla sensibile all’interesse generale. Sarebbe tuttavia poca cosa, se a questo modo di essere del politico, non si accompagnassero comportamenti che appunto danno facile gioco alla magistratura nell’indagare su tutti gli episodi e le circostanze in cui vengono consumate violazioni di legge. Questa invasione di politici senza scrupoli che hanno dequalificato la politica come tale, ha toccato, sebbene non in misura eguale, sia la sponda del centrodestra, dove ha attecchito il paradigma del politico senza mai colpe, osteggiato dai giudici, vittima di essi, sia in quello del centrosinistra dove la predicazione autogiustificazionista antimagistratura non è osì spiccata. Il centrodestra, con il suo “processato a vita”, adotta il modello del vittimismo, si fa uno scudo della “persecuzione” forcaiola dei tribunali e della vocazione mediatica scandalistica e diffamatoria: nessuno degli indagati e inquisiti, anche se spesso colti con le mani nel sacco, merita il pesante pugno giudiziario. Di “perseguiti-perseguitati” ve ne sono dunque a non finire, il Cavaliere in testa, ma che la politica abbia una rappresentanza dequalificata, che il berlusconismo fornisca una legittimazione al rifiuto del cosiddetto strapotere dei magistrati, che solo una certa stampa si serva del “metodo Boffo”, che si commetta qualche errore giudiziario, sono tutte cose da mettere nel conto: si può anche partire da qui per valutare il credito che si deve dare ai disperati appelli delle vittime di presunte congiure “giudiziarie-mediatiche”.

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