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di ENZO ARCURI
È avvilente, amaramente avvilente, ma purtroppo ogni anno, d’estate, siamo alle solite. Qua e là, lungo i 700 e passa chilometri di coste calabresi sorgono comitati spontanei di bagnanti, gente del posto e vacanzieri, che alzano la voce e battono i pugni per denunciare le pessime condizioni del mare. Passano gli anni, passano le stagioni, l’estate consuma i suoi riti, ma il mare dell’una e dell’altra costa, più, ad onor del vero, ad occidente sul Tirreno che ad oriente sullo Jonio, continua a denunciare il suo male antico. Che è frutto di una politica dissennata del territorio perseguita, nei decenni passati e che adesso si potrebbe riproporre per effetto del piano casa, che apre nuovi margini alla speculazione ed alla cementificazione. La responsabilità ricade naturalmente sugli amministratori regionali e locali che, al contrario di quanto è accaduto in passato, devono dimostrare di non essere interessati a fare business per sé e per pochi furbi ma di volere operare per un equilibrato e corretto sviluppo nel rispetto dell’ambiente e salvaguardando il mare, risorsa essenziale in una regione come la Calabria con una spiccata vocazione turistica. La questione, comunque, è che non si può continuare a piangere sul latte versato, non si può ogni volta richiamare quello che è stato, purtroppo cosa fatta capo ha. Da tempo (sono almeno vent’anni) si parla di mare sporco, di chiazze che vanno e vengono, di depuratori che non funzionano e di sistema fognario inadeguato. Dopo l’estate scandalosa del 2005 che costrinse l’allora governatore Agazio Loiero, appena eletto, a chiedere scusa ai calabresi ed agli italiani, la situazione è andata migliorando. I fenomeni non sono del tutto scomparsi ma molti tratti di mare sono stati recuperati alla balneazione, come hanno recentemente ricordato sul Quotidiano lo stesso Loiero e l’ex assessore all’ambiente Greco. I quali hanno anche accusato l’attuale esecutivo regionale di avere bloccato il piano di interventi programmato dal precedente governo e che, bisogna onestamente riconoscere, aveva dato buoni frutti. E così quest’anno, quando è partita la nuova stagione dei bagni e la gente ha ripreso ad affollare le spiagge, sono riprese e si sono moltiplicate le proteste. Fino a provocare un immediato intervento del presidente Scopelliti ed il varo di una serie di interventi in vari comuni lungo le due coste. Un provvedimento giusto che forse sarebbe stato più opportuno e doveroso anticipare di qualche mese, magari in inverno o all’inizio della primavera, e non in pieno sol leone ed a stagione avanzata anche perché raccoglie istanze ed esigenze da tempo avanzate dai comuni. Ed anche perché i lavori finanziati, spiegava un tecnico comunale, possono iniziare a stagione finita perché è impensabile intervenire sul sistema fognario nelle settimane clou delle vacanze. E dunque i risultati si vedranno, se si vedranno, il prossimo anno. Purtroppo questi sono i tempi della regione e sono tempi biblici per responsabilità della palude burocratica che ritarda qualsiasi provvedimento. La colpa del ceto politico è che, per sua debolezza o per inconfessabili complicità, non riesce ad imporre tempi e procedure più veloci, peraltro necessari in una regione fortemente segnata dai bisogni e dalle criticità. Ed invece tutto rimane immutato, cambiano i governi, si alternano le maggioranze, mutano anche i vertici apicali dell’amministrazione, ma i tempi restano sempre esasperatamente infiniti, spesso si perde traccia di un provvedimento o di un progetto e rintracciarlo è impresa improbabile. Da quattro anni, per esempio, a Sangineto, sulla costa tirrenica, un tratto di mare pesantemente mutilato dall’erosione, si attende la ricostituzione dell’arenile all’altezza del lungomare, con la realizzazione di una barriera a mare. Il Comune ha ottenuto, quattro anni fa, dalla Regione un finanziamento di un milione e rotti di euro. D’intesa con il genio civile per le opere marittime è stato redatto il progetto esecutivo che è stato inviato alla Regione. Ebbene da oltre un anno il progetto attende il parere di impatto ambientale. Soltanto una pura formalità perché questo progetto fa parte di un progetto più complessivo che aveva già ottenuto il parere favorevole d’impatto ambientale e che prevede altri interventi a Sud per la ricostituzione dell’arenile lungo l’intero tratto di costa del comune fino al confine con Bonifati. Una formalità che tuttavia sta pericolosamente ritardando l’esecuzione di un intervento assolutamente necessario per la salvaguardia del borgo marinaro e di importanti strutture ricettive. E che non fa fare passi in avanti agli altri lotti del progetto (già presentato alla regione per una spesa complessiva di cinque milioni di euro interamente da finanziare ), opere anche queste indispensabili per ricostituire l’arenile che il mare ha portato via or sono molti anni. Anche così si difende il mare e con esso si difende il turismo, meglio e più efficacemente di qualsiasi spot milionario. A condizione però che nel frattempo la Calabria non muoia annegata nella palude della sua burocrazia.
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