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La lettura della Sentenza sull'operazione Mandamento Jonico

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LOCRI- Sessantasette condanne e centodue assoluzione.

L’epilogo del primo grado di giudizio del maxi processo “Mandamento Jonico” scaturito da un’indagine della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, si conclude alle 17:07 del primo lunedì dell’estate 2020.

Dopo sei giorni di camera di consiglio, il collegio legge in aula il dispositivo della sentenza.

I giudici del tribunale di Locri, presieduti da Fulvio Accuso con a latere i giudici Gabriella Logozzo e Giovanna Di Maria hanno inflitto complessivi 925 anni di reclusione dei 1913 anni invece richiesti dalla pubblica accusa.

E’ stata di ben 36 anni di reclusione la pena calcolata per Vincenzo Cordì 36 anni, ridotta a 30 anni per effetto dell’art. 78 cp il quale pone dei limiti degli aumenti delle pene principali. Viene dunque in questo caso confermata la richiesta fatta dai magistrati della Dda per il 62 enne di Locri.

Ma l’impalcatura accusatoria della Dda che con “Mandamento” aveva delineato «le linee di comando e le strutture interne della ‘ndrangheta della Locride», regge solo a metà la sentenza di primo gravo vede tante assoluzioni «perché il fatto non sussiste».

L’area è tesa quando poco dopo le ore 16, il presidente della corte inizia a leggere il dispositivo.

Due le aule dedicate all’udienza conclusiva del maxi processo, ben 128 gli imputati, tra cui 21 donne. Tanti gli avvocati. Per la pubblica accusa sono presenti i magistrati della Dda che hanno curato le indagini e seguito il processo, presenti anche quelli della procura di Locri.

Si notano il Procuratore Aggiunto della Dda Giuseppe Lombardo, il sostituto procuratore Stefano Musolino ed anche Francesco Tedesco.

I reati contestati (ben centoquaranta capi d’imputazione) a tutti gli imputati, vanno a vario titolo, dalla partecipazione all’associazione mafiosa, alla detenzione illegale di munizioni ed armi comuni da sparo e da guerra rese clandestine, turbativa d’asta, illecita concorrenza con violenza e minaccia, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, truffa e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, tutti aggravati dalla finalità di agevolare l’attività della predetta associazione mafiosa.
Definita dagli inquirenti «storica», l’operazione Mandamento Jonico ha origine dalle indagini del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri di Locri. Le indagini avviate nel 2014 portano gli inquirenti a ricostruire come la ‘ndrangheta sarebbe organizzata con una struttura piramidale al fine di rendere il più possibile impermeabile i vertici dell’organizzazione.

L’organigramma criminale della Locride sarebbe «costituita – sosteneva l’accusa- da più di venti ‘ndrine che hanno ramificazioni nel resto d’Italia ed all’estero». La sentenza di ieri riscrive un nuovo scenario dell’organigramma mafioso. E così che tra condanne e assoluzioni, ieri, nella piazza antistante il palazzo della giustizia di Locri, le lacrime e i sorrisi si sono mescolati tra i parenti degli imputati. Indice di diversi stati d’umore legati agli esiti della sentenza.

«E’ finito un incubo», dice la figlia di uno degli imputati, «e io quando ne uscirò», si chiede un’altra donna con gli occhi colmi di lacrime. Si attendono, entro novanta giorni, le motivazioni.

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