Giuseppe Conte in collegamento con Ursula von der Leyen e David Sassoli (Foto Filippo Attili/LaPresse)
4 minuti per la letturaLa priorità europea del Recovery Fund è che la cassa della solidarietà sia investita per ridurre le diseguaglianze tra Nord e Sud dell’Italia. Il presidente Conte lo dica chiaro e tondo e cambi subito chi guida la macchina della spesa dello Stato
Abbiamo i giuristi, non abbiamo la finanza, non abbiamo gli ingegneri. Siamo un Paese bloccato molto prima del Coronavirus e siamo diventati un Paese che ha deciso addirittura di mettere i ceppi intorno alle ruote della sua macchina produttiva storicamente malmessa, incapace di fare autocritica, alle prese oggi con un problema nuovo gigantesco di cui non ha responsabilità. Sadismo puro.
Non siamo capaci di fare leggi di pochi articoli. Non siamo capaci di fare arrivare la liquidità dovuta in tempo reale. Non siamo capaci di pagare la cassa integrazione a chi non l’avevamo mai pagata prima. Non siamo capaci di fare innovazione finanziaria collegando il risparmio privato alla realizzazione di infrastrutture di sviluppo che creino reddito e occupazione in modo duraturo. Non siamo capaci di organizzare la macchina della spesa pubblica per l’oggi e per il domani con livelli di decenza nell’utilizzo delle risorse. Non siamo capaci di dotarci di una cabina di regia centrale che sappia unire le competenze e le responsabilità, definisca un programma unitario di opere, apra i cantieri e realizzi gli step programmati nei tempi concordati con gli eventuali finanziatori europei. Siamo capaci, questo sì, perché agiscono in automatico i cromosomi di una malattia congenita, di mettere micro tasse anche quando promettiamo prestiti a tassi di favore a chi ha perso tutto.
Questa è l’Italia di oggi che ha abolito il suo Mezzogiorno e ha condannato con questa scelta il Nord alla decadenza. Questa è l’Italia che deve sparire prendendo decisioni forti e dando così una risposta reale alla domanda di efficienza pubblica che è vitale nei giorni della Grande Depressione mondiale. Gli Stati generali dell’economia avranno avuto un senso se consentiranno al Presidente del Consiglio di rimuovere chi blocca tutto – in buona o cattiva fede non ha importanza – e di fare scelte nuove all’altezza della sfida che questo Paese attende da almeno venti anni. Questa è la priorità esecutiva. Poi c’è la priorità politica che mette insieme l’interesse europeo e l’interesse italiano, ma si scontra con gli stessi miopi egoismi della macchina pubblica centrale e regionale portati a livello politico e di comunità territoriali. Anche qui bisogna che il Presidente Conte compia scelte forti chiarendo che sono quelle che servono all’Italia e, allo stesso tempo, quelle che vuole l’Europa finanziatrice. Conte deve dire chiaro e tondo che il Recovery Fund serve per rimettere in moto il secondo motore del Paese, e cioè il suo Mezzogiorno, questa è la sua missione, garantendo ovviamente ciò che è dovuto al Made in Italy bresciano, bergamasco, veneto, emiliano e così via.
Sono tutte piccole e medie aziende splendide, ma non porteranno mai fuori il Paese dalla crisi e si integreranno in in toto se vorranno – peggio per loro – con i tedeschi fuori dalla logica di Sistema Paese e, se necessario, anche sulle ceneri dell’Italia. Proprio quello che l’Europa non vuole. La priorità europea del Recovery Fund è che la cassa della solidarietà sia investita per ridurre le diseguaglianze tra Nord e Sud dell’Italia. L’Europa vuole che siano garantite scelte coerenti con l’operazione verità nella distribuzione della spesa pubblica: non si possono restituire in un solo colpo i 600 e passa miliardi di maltolto perché il danno da risarcire è troppo grande, ma si può almeno tenerne conto nella redistribuzione delle nuove risorse. L’Europa vuole l’euro mediterraneo perché vede i russi e i turchi come pericolosi concorrenti. Vede che sono loro a dividersi il controllo del Mediterraneo. Vede che a comandare in Libia è Erdogan. L’Europa si sta accorgendo che l’Italia è sciocca ma anche loro sono sciocchi se non rimettono in moto il Sud d’Italia con una macchina di spesa che funzioni. Altrimenti, per quello che potrà sopravvivere, ritorniamo agli ultimi venti anni e alla solita politica estrattiva con i ricchi che tolgono ai poveri. Il risultato non cambierà: il Nord va male e il Sud va peggio. Questa volta, però, deve essere chiaro a tutti che se il Sud non riparte, l’Europa non ci dà niente.
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