I rapinatori in azione in un'azienda
4 minuti per la letturaTAURIANOVA (REGGIO CALABRIA) – Una “banda del buco” dedita a furti sistematici e professionali in abitazioni, esercizi commerciali e aziende nella Piana di Gioia Tauro, è stata sgominata dai carabinieri della Compagnia di Taurianova con 7 arresti – 2 ai domiciliari – in esecuzione di un’ordinanza del gip su richiesta della Procura di Palmi diretta da Ottavio Sferlazza. L’indagine, denominata “banda del buco” per l’abitudine di praticare fori nelle pareti, è stata avviata dai carabinieri a fine 2017 dopo una serie di furti commessi a Taurianova, Cittanova e Polistena.
Gli arrestati sono Domenico Ascone, di 40 anni, Mihai Tudor (36), romeno, Romania, Gianina Elena Cazacu (40) romena, sottoposta ai domiciliari, Gabriele Fosco (45), Saverio Alessandro Fondacaro (38) , Rocco Giovinazzo (37) e Diego Giovinazzo (45) sottoposto ai domiciliari.
L’inchiesta ha consentito di documentare anche i ruoli dei partecipi all’associazione ed in particolare:
- TUDOR Mihai, col ruolo di promotore ed organizzatore, si attivava per reperire strumentazione da scasso da utilizzare nei plurimi furti poi fattivamente commessi e coinvolgeva fattivamente la moglie Gianina Elena Cazacu nella realizzazione del programma criminoso e nella complessiva attività del gruppo coi compiti e mansioni. Inoltre provvedeva alla materiale esecuzione dei furti in abitazioni ed in esercizi commerciali programmati dall’associazione, attraverso l’utilizzo di strumentazione professionale da scasso posta a sua disposizione dai sodali;
- GIOVINAZZO Rocco, col ruolo di organizzatore, si metteva a disposizione degli altri associati per procurare al gruppo strumenti da scasso controllandone altresì personalmente la perfetta funzionalità, oltre che per lo stoccaggio e l’occultamento del materiale provento dei furti commessi dagli altri sodali;
- FONDACARO Saverio Alessandro, col ruolo di organizzatore, si metteva a disposizione degli altri associati per procurare al gruppo strumenti da scasso controllandone altresì personalmente la perfetta funzionalità, oltre che per lo stoccaggio e l’occultamento del materiale provento dei furti commessi dagli altri sodali e per il riciclaggio di autovetture rubate;
- FOSCO Gabriele, col ruolo di partecipe, provvedeva – talora da solo, talora con Tudor o altri – alla materiale esecuzione dei furti in abitazioni ed in esercizi commerciali programmati dall’associazione, attraverso l’utilizzo di strumentazione professionale da scasso posta a sua disposizione dai sodali;
- ASCONE Domenico, col ruolo di partecipe, si metteva a disposizione degli altri associati – ed in particolar modo di Tudor – per procurare al gruppo strumenti da scasso ed altra strumentazione idonea alla perfetta esecuzione di furti di vario tipo all’interno di abitazioni private e di esercizi commerciali;
- CAZACU Elena, col ruolo di partecipe, si metteva a disposizione degli altri associati per fornire al rilevanti informazioni sui luoghi da derubare, per procurare al gruppo utenze straniere perché più difficilmente intercettabili, nonché aiutando Tudor in diverse occasioni ad ispezionare i mezzi a loro in uso per verificare l’eventuale presenza di dispositivi di intercettazione, ovvero di tracciamento GPS.
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Gli investigatori hanno individuato un comune «modus operandi» che ha fatto ipotizzare l’esistenza di una banda e hanno collegato gli indagati anche a furti pregressi con indagini destinate all’archiviazione “rilette” alla luce dei nuovi elementi.
Le accuse sono associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio, furto aggravato, ricettazione, porto illegale di armi e violazione di domicilio. Gli indagati erano in contatto con esponenti della ‘ndrangheta.
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Gli indagati, che vivono nello stesso territorio, si conoscevano e si frequentavo ed erano già noti ai carabinieri e, secondo l’accusa, operavano con uno schema tipico e rituale, che prevedeva una accurata pianificazione, la disattivazione dei sistemi di allarmi con la rimozione delle telecamere e l’uso di sostanze come il «poliuretano espanso», l’utilizzo di disturbatori di frequenza. Inoltre disponevano di strumentazione costosa e professionale per fare ingresso nei locali da svaligiare e aprire casseforti, utilizzavano passamontagna e utenze cellulari intestate a soggetti stranieri per eludere le indagini e rubavano auto prima di commettere i furti.
Un’altra peculiarità della banda erano i contatti con la criminalità organizzata. Frequenti erano i colloqui e gli incontri con esponenti della cosca Facchineri e Zagari-Fazzalari, di Cittanova e Taurianova, nei periodi concomitanti ai furti, legati, secondo gli investigatori, alla necessità di ottenere l’autorizzazione o comunque il permesso di compiere i furti «sfatando – affermano i carabinieri – il falso mito che ove le cosche di ‘ndrangheta sono forti, non vengono commessi delitti di criminalità comune e predatoria». I carabinieri ritengono di avere ricostruito le responsabilità del gruppo in almeno 14 furti per un danno complessivo subito dai derubati di almeno 450.000 euro.
Tra i furti compiuti anche quello a casa di un imprenditore dove gli indagati avevano asportato gioielli e monili in oro dal valore di 90.000 euro, nonché 3 pistole legalmente detenute e l’auto del proprietario. In un’altra circostanza la banda ha asportati, in una azienda agricola, costosi macchinari, attrezzature e materiale nonché veicoli, per un valore di circa 180.000 euro. Anche il Comune di Taurianova è rimasto vittima della “banda” per un furto al Centro Polifunzionale.
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