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POTENZA – Da un capo del telefono c’è il vice presidente di Saipem,
braccio operativo di Eni. Dall’altra il direttore commerciale di Tecnimont
Kt, ex Technip Kti, dell’omonimo gruppo francese, acquistata a giugno
dell’anno scorso da Montedison Tecnologie (in breve Tecnimont).
Se la ridono parlando del «discorso di Tempa Rossa». Usano schede lituane,
nomi in codice (Maradona, Panatta, lo zio, zio Tom, il mentone) e si
sentono sicuri. A Milano invece gli investigatori delle Fiamme gialle li
stanno intercettando da sei mesi, così la scorsa settimana si sono
presentati a casa e nei rispettivi uffici per eseguire una perquisizione,
ed è venuto fuori l’ultimo scandalo a base di petrolio, mazzette e appalti
questa volta su scala internazionale, con una fugace puntatina in
Basilicata.
Non è ancora passata la bufera dell’inchiesta di Woodcock sulla gara per i
lavori di preparazione del sito per la costruzione del centro oli Tempa
Rossa di Corleto Perticara. In 18, tra imprenditori, amministratori locali
e vertici di Total Italia spa, attendono che il gup decida se rinviarli a
giudizio o proscioglierli dall’accusa di corruzione. Nel frattempo
quell’appalto è stato annullato e bandito per la seconda volta
raddoppiando
la base d’asta (da 36 a 69 milioni di euro). Erano tanti soldi, anche
prima, per i piccoli costruttori del posto. Ma niente a che vedere con il
vero mega-appalto del progetto di estrazioni petrolifere nella Valle del
Sauro: «Progettazione di dettaglio, approvvigionamento, fornitura,
costruzione, precollaudo, messa in funzione e assistenza all’avvio del
nuovo centro oli “Tempa Rossa”, di un centro Gpl, dei siti di perforazione
e collegamenti vari». Il valore stimato di tutta l’opera si aggira tra i
700 milioni di euro al miliardo più altri 100 milioni. La cosa veramente
divertente è che quei due intercettati il 7 febbraio scorso dagli
investigatori della procura della Repubbica di Milano sembrano parlare
proprio di quest’appalto.
Il problema è «capire se si può andare avanti o no», perchè «siamo in tre,
purtroppo…». Dice Domenico D’Elia a Nerio Capanna (“zio Tom”). Il primo
è
il direttore commerciale di Tecnimont KT, il secondo il vice presidente di
Saipem. D’Elia non si trattiene e gli scappa una risata. Capanna lo
rassicura delle sue intenzioni dicendogli che devono vedersi
«assolutamente» e che «vabbè, dai, poi ci parliamo a voce».
Un documento ufficiale di Total Italia, titolare della quota di
maggioranza della concessione “Gorgoglione” per le estrazioni nella Valle
del Sauro e operatore del progetto “Tempa Rossa”, fornisce un utile
antefatto per cercare di interpretare la conversazione tra i due. «Total
ha
recentemente completato la fase di selezione degli operatori economici da
invitare a formulare la propria offerta nell’ambito della procedura
ristretta finalizzata all’affidamento a contraente generale delle attività
di engineering, procurement and construction del centro oli da realizzarsi
nell’ambito del c.d. progetto Tempa Rossa (il mega appalto da un miliardo
di euro, ndr). Le società identificate a valle di questo screening
iniziale
sono Saipem, Technip Italy nonché Tecnimont unitamente a Technip Kti».
Capito bene?
Saipem, che è la società del vice presidente Nerio Capanna. Tecnimont Kt,
prodotto della fusione di Tecnimont e Technip KTI, del direttore
commerciale Domenico D’Elia, e i vecchi datori di lavoro di D’Elia, che di
fatto già se la ride, quelli della Technip Italy.
Due dei tre concorrenti, con un piede anche nell’altra società, parlano
del «discorso di Tempa Rossa» e decidono di concordare se andare avanti
oppure no. Di che cosa siano capaci Capanna e gli altri finiti
nell’inchiesta del pm Fabio De Pasquale si intravede dalle motivazioni dei
decreti di perquisizione appena eseguiti (decine e tutti diversi, quasi
personalizzati, per evitare di scoprire gli elementi in mano alla
procura).
Nei giorni scorsi le principali testate nazionali, in primis il Corriere
della Sera, ne hanno offerto un variegato campionario.
Il 25 aprile “zio Tom” – Capanna è intercettato mentre garantisce a
un’impresa di «cercare di tirar su il più possibile la base d’asta di
Jurassic… almeno per farlo lievitare un po’». “Jurassic” è il nome di un
grandioso progetto di estrazioni dell’Eni nel nord del Kwait, che fa gola
a
molte imprese italiane. Diego Braghi, alias “Maradona” o “Panatta”, è
ancora più esplicito. È il capo del progetto “Zubair” per le estrazioni da
un enorme giacimento vicino Bassora, in Iraq. «Se posso non li faccio
vincere, giusto per il gusto di non farli vincere… preferisco perdere…
cioè… ho più gusto… come si chiama… a non prendere niente». E in
un’altra intercettazione del 17 gennaio «Hai visto cosa gli ho scritto io?
Gli ho detto: nonostante fossi il più caro abbiamo fatto il possibile per
fartelo prendere… boicottando alcuni partecipanti alle gare». In cambio
si parla di mazzette su conti esteri che i manager infedeli smistavano a
se
stessi e agli amministratori locali più influenti, come in Kazakhstan, per
ungere la macchina delle autorizzazioni.
Eni e Saipem, che si considerano parti lese rispetto al quadro emerso
dall’inchiesta, hanno immediatamente disposto provvedimenti disciplinari e
cautelari nei confronti dei dipendenti coinvolti, e annunciano che
intendono mettere in atto tutte le iniziative a tutela dei propri
interessi
e della propria immagine, in particolare nei confronti delle persone
fisiche e giuridiche che risulteranno coinvolte nelle condotte illecite.
“No comment” da parte di Total, ma se i fatti contestati verranno
confermati, il progetto “Tempa Rossa” rischia un nuovo stop prima ancora
della riapertura dei cantieri.
Leo Amato
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