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di FRANCO CRISPINI
Superato un primo disorientamento, il centrodestra berlusconiano tende a minimizzare quel che è avvenuto a Milano a Napoli, e poi col voto referendario; in fondo non è gran che diverso da quanto è capitato alla Merkel in Germania, a Zapatero in Spagna, anche là una battuta di arresto, niente di più, per i rispettivi governi, solo che gli impavidi paladini del centrodestra si lasciano sfuggire quello che di specifico ha il “caso” italiano, che rende inconfrontabili le situazioni. A dimostrazione poi che il quadro è meno fosco di come lo si presenta, il centrodestra esibisce qualche suo clamoroso successo, come in Calabria che si è, nella votazione amministrativa, tutta quanta di azzurro. Ma a parte questo, il berlusconismo non vuole cospargersi il capo di cenere, tutt’altro, cerca di rifarsi il maquillage, di presentarsi arzillo e con grande voglia di fare, e sfodera subito i numeri parlamentari, che vi sono, a prezzo di chi sa quali “contrattazioni”, per assicurare un governo al Paese. Mettendosi il capo sotto la sabbia, come lo struzzo, il Cavaliere e i suoi “squadroni” non vogliono darsi per vinti, trovano che c’è solo di vedere quale terapia usare per un malessere solo momentaneo che il Paese supererà presto: interventi per una riforma del fisco? Manovra finanziaria per alleggerire il debito pubblico? Contentini alla Lega di Bossi con cui lo scontro e la rottura vengono sempre rimandati? Una “rifondazione” del Partito da rendere un po’ meno “personale”? Queste ed altre le vie per prendere tempo, menare il can per l’aia, arrivare alla scadenza della legislatura nel 2013: anche un allocco arriverà a chiedersi come sarà possibile realizzare quel mucchio di cose che in tanti anni sono state sempre annunciate, promesse, ma mai portate a compimento. L’importante nelle volpine strategie del Cavaliere, è tamponare, rabbonire una opinione pubblica in grosso fermento, recuperare terreno: il Cavaliere crede che tutto rientrerà, che per il momento si tratta di buttare un po’ di fumo negli occhi, di frenare qualche tensione in più; non è il caso di esagerare, la salda alleanza con Bossi e i palliativi opportunamente studiati, rimetteranno le cose a posto. Se è vero, come pensava il tragico greco che “gli dei bendano gli occhi di chi vogliono perdere”, Berlusconi non sembra più ben visto dagli dei e perciò il suo sguardo si è offuscato, la sua mente non è più lucida, gli sta sfuggendo di mano lo stato di agitazione di un Paese che non si è totalmente assuefatto. Più che un inveterato ottimismo nella lettura dello straordinario fermento che si è manifestato nelle elezioni amministrative e nel referendum, in cui un vero partito dell’opinione politica, senza lacci e dipendenze esterne, ha creato una sorprendente e vincente mobilitazione, a farlo vedere sotto una luce assai limitata, è stato invece un senso di paura, di sorpresa, di fastidio, di impotenza ed infine di angoscia, per un avvertimento chiaro che il Cavaliere riceveva di un distacco, di un allontanamento del Paese dalle sue quasi ventennali politiche disastrose. I risultati di quelle prove davano segnali poco rassicuranti in misura maggiore per il centro destra, ma, se vogliamo anche per le altre forze politiche, per il Pd innanzitutto, perché un messaggio vi si può leggere: 1) il voto popolare aveva al suo interno un segno antipartitico; 2) in esso c’era una voglia di fare a meno di filtri di mediazioni, di deleghe ai “mandarini” di partito; 3) una circolazione nel corpo della nostra società di una energia politica che bisognerà evitare che si converta in antipolitica. Appunto, si ha davanti un compito difficile: per il centrodestra, quello di potere e sapere regge ad uno sconquasso nel blocco sociale stesso che lo ha sostenuto, non dando quella risposta “politicista” fatta di rimaneggiamenti di un Partito che è personale ed è perciò immodificabile: Berlusconi, si ricorderà, ha puntato molto nelle sue vittoriose avanzate, sugli argomenti dell’antipolitica, anche se ora ripiega sui metodi della vituperata vecchia politica (anche questo è segno di uno scivolamento verso lo stadio finale). Anche il centrosinistra, il Pd che registra un aumento di consensi, che si inebria di un “vento amico”, di uno slancio che ha contagiato ventisettemilioni (nel referendum) di italiani, deve sapere tesaurizzare una domanda che, potenzialmente antipolitica, chiede un’“altra” politica fatta non dai “soliti” ma da chi si muove all’interno dei segmenti sociali qualificati del nostro Paese, da chi vive sulla propria pelle, non nel chiuso delle segreterie e dei gruppi, le preoccupazioni e le aspirazioni ai veri cambiamenti.
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