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Quattro anni di reclusione per corruzione elettorale aggravata dalle modalità mafiose sono stati inflitti, con il rito abbreviato, dal gip di Reggio Calabria all’ex consigliere regionale del Pdl Santi Zappalà. Inoltre riconoscendo a pieno le tesi accusatori il gip ha condannato a 20 anni di reclusione Giuseppe Pelle, figlio di Antonio Pelle detto «Gambazza», e Rocco Morabito, figlio del boss Giusepe Morabito, detto «tiradritto», e a 18 anni Giovanni Ficara e Antonino Latella, riconosciuti come i capi della consorteria. Nello specifico il gup ha condannato Pietro Nucera a otto anni di reclusione, Liliana Aiello a due anni e due mesi e Francesco Iaria a due 2 anni e 8 mesi. Domenico Pelle (12 anni); Antonio Pelle, di 24 anni (10 anni e 8 mesi); Sebastiano Pelle (10 anni); Giuseppe Mesiani Mazzacuva (8 anni ed 8 mesi); Mario Versaci, Filippo Iaria, Costantino Carmelo Billari (8 anni); Giorgio Macrì (6 anni); Antonio Pelle, di 25 anni, Sebastiano Carbone e Giuseppe Francone (4 anni). Nella sentenza, letta alla presenza del pm della Dda di Reggio Calabria Giovanni Musarò, il giudice ha disposto l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici e la confisca di un distributore di carburante con annesso bar ad Ardore, l’intero patrimonio del Freedom cafè, dell’impresa Azzurro costruzioni di Siderno e del Punto edile di Bova Marina. Con le condanne di oggi, rilevano gli inquirenti, trova una prima conferma giudiziaria l’impianto che sta alla base dell’operazione Crimine sulla unitarietà della ‘ndrangheta. Zappalà è stato arrestato nel dicembre scorso nell’ambito dell’operazione Reale 3 condotta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria su direttive della Dda. In particolare, l’ex consigliere regionale è accusato di avere incontrato Giuseppe Pelle, boss dell’omonima cosca di San Luca, andandolo a trovare nella sua abitazione a Bovalino, allo scopo di chiedere il suo sostegno in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale del 28 e 29 marzo 2010.
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