5 minuti per la lettura
di MATTEO COSENZA
La sberla, come l’ha definita Calderoli, si è sentita forte e l’hanno avvertita sicuramente i due principali destinatari, Berlusconi e Bossi. Per quanto si voglia sostenere che si votava su quattro quesiti e non sulla fiducia al presidente del Consiglio, la verità emerge con forza dalle urne. Si potrebbe ricordare – come è stato fatto – che i quesiti riguardavano quattro decisioni del suo governo e già basterebbe, ma c’è un quesito che svela più degli altri il significato politico che gli elettori hanno voluto mandare: quello sul legittimo impedimento. Acqua, nucleare e servizi sono temi che obiettivamente determinano consensi e dissensi trasversali, e non è un caso che anche molti elettori del centrodestra siano andati a votare consentendo il quorum e poi esprimendo in prevalenza un Sì. Per capirci: la paura del nucleare non è di destra, di centro o di sinistra, ed anche l’idea di privatizzare l’acqua sicuramente preoccupa ugualmente ambienti moderati e progressisti. Non a caso l’indicazione venuta dalla chiesa – fattore non secondario di questo voto, dopo la straordinaria mobilitazione giovanile sulla rete – ha colto un orientamento diffuso e trasversale nella società italiana. L’aver detto, come hanno fatto Berlusconi e Bossi, che non valeva la pena andare a votare ed era meglio recarsi al mare si è dimostrato un grave errore dei due che hanno confermato la distanza sempre più marcata dal loro popolo. Un quesito, però, non poteva essere automaticamente trasversale: quello, ripetiamo, sul legittimo impedimento. La giustizia e tutte le leggi di questi anni – la riforma, che non c’è, è altra cosa – sono stati i cavalli di battaglia del Cavaliere. La sua politica si è identificata con questi temi in una perfetta simbiosi ed il legittimo impedimento è stato uno dei provvedimenti più significativi approvati dal suo governo, una norma che lo riguarda personalmente. Era facile aspettarsi che ci fosse una netta differenza tra il voto su questo quesito e il voto sugli altri tre. Anzi poteva essere perfino scontato che i Sì sul legittimo impedimento fossero molti di meno degli altri, perché essi erano più degli altri un voto politico preciso e mirato, probabilmente anche non trasversale visto che con esso si poteva esprimere un giudizio sulla politica del premier e del suo governo. I numeri invece dicono che tutti coloro che hanno votato, la maggioranza degli italiani, hanno bocciato allo stesso modo, praticamente con la stessa percentuale, i quattro provvedimenti e che addirittura il Sì meno gettonato non è quello sul legittimo impedimento. Qual è la conclusione da trarre? Che gli italiani hanno bocciato Berlusconi e la sua politica. In toto. Sull’acqua e sul nucleare. Ma anche e soprattutto sulla giustizia. Attenzione: quando si dice la maggioranza degli italiani si dice una cosa che va ulteriormente precisata. In questo paese c’è una quota per così dire cronica di astensione che si aggira attorno al 20 per cento, tant’è che giustamente da più parti si chiede di rivedere le norme elettorali sui referendum. Dunque, se si congela per un attimo questo venti per cento si capirà che la maggioranza che ha votato i quattro Si è largamente superiore a quella già grandissima di suo che è stata rilevata ufficialmente in base alle norme esistenti. Per questi motivi parlare di sberla è perfino riduttivo, quello di ieri è stato un vero paliatone, sacrosanto e liberatorio come quello di Totò a Sordi nella famosa scena dell’esame. Il popolo sovrano – nei referendum lo è davvero e fino in fondo – ha messo tutto insieme e ha presentato il benservito. Comunque la si giri, questo è accaduto ieri dopo che già se ne erano viste le avvisaglie nel voto amministrativo. Berlusconi si dimetterà? Il suo governo cadrà? Ce lo dirà la prossima scadenza della fiducia in Parlamento, ma un ciclo si è chiuso e per quanti trasformisti ci siano in giro – in Calabria ne abbiamo qualche esempio da manuale – e per quanta stampa servile sia in servizio permanente effettivo a tutti i livelli non sarà possibile fermare il corso delle cose. L’Italia ha bisogno di tornare alla normalità e di essere governata. La discussione di questi giorni sulla riforma fiscale che Tremonti dice di non poter fare per mancanza di soldi è la prova del nove di un fallimento che è sotto gli occhi di tutti e che per primi rimarcano gli uomini di Confindustria che sono sentinelle privilegiate dell’economia nazionale. Della normalità non mette neanche conto parlare. Le ultime intercettazioni delle telefonate tra Briatore e Santanché, frequentatori assidui di casa Berlusconi, hanno svelato ulteriori sconcertanti e penosi particolari sulle abitudini private del Cavaliere tanto da spingere uno dei due a ricordare la diagnosi della moglie Veronica: è malato. La normalità e il governo sono di fatto già temi del dopo-Berlusconi. Esiste un’alternativa? Sulle macerie di questi anni è difficile ricostruire un’ipotesi di governo convincente per il futuro, ma è da queste macerie, dallo sfaldamento del centrodestra e dagli sbandamenti infiniti del centrosinistra, che si deve ripartire. Il terzo polo giocherà le sue carte, il Pd dovrà continuare la sua difficile navigazione tra i poli della calamita che lo tenta da destra e da sinistra. C’è l’incognita della Lega e sarà interessante capire come il capitano Bossi non voglia affondare con la nave a cui ha imposto in questi anni la rotta. Poi ci sarà, come accade nelle cose della politica, un’accelerazione che farà prendere una direzione. Il dato certo è che in Italia oggi c’è un soggetto che ha chiesto e conquistato di prepotenza la parola: un popolo stanco dello spettacolo penoso della politica, che ha dimostrato di saper anche spazzare via in un colpo solo nomenclature di destra e di sinistra, un popolo fatto di tanti giovani che parlano un’altra lingua, hanno altri bisogni e chiedono un futuro diverso da quello che gli si voleva imporre. Forse è azzardato dirlo, ma il vento di libertà che ha soffiato sulle altre sponde del Mediterraneo sta rinfrescando anche il nostro paese. In Calabria un po’ di meno, come risulta anche dal record assoluto dell’astensionismo, ma purtroppo questa terra arriva spesso in ritardo agli appuntamenti importanti, quello che conta, però, è che ci arrivi. Almeno speriamolo.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA