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Uno “Tsunami” (questo il nome dell’operazione) si è abbattuto ieri sulla criminalità organizzata dello Jonio cosentino che voleva liberarsi del pm Vincenzo Luberto, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, il quale con le sue inchieste il magistrato ha portato la distruzione all’interno delle consorterie, arrivando a scoprire anche intrecci con la politica. Grazie al suo lavoro sono finiti in cella centinaia di affiliati, o presunti tali, dei clan cassanesi degli Abbruzzese e dei Forastefano e tra quelli di Rossano. E così il clan degli zingari di Cassano Jonio aveva deciso di eliminarlo: «Appena arriva l’arma, in due o tre giorni, lo facciamo» dice Tommaso Iannicelli, 32 anni, di Cassano Ionio, finito ieri in carcere insieme ad altre undici persone. «L’altra volta non siamo entrati in azione perché pioveva – viene detto ancora al microfono degli investigatori – Se lo troviamo da solo, che forse ora ci sono i carabinieri, in due o tre giorni lo ammazziamo». E il pericolo dell’attentato imminente è stato subito giudicato altissimo e per questo gli investigatori dell’Arma e la Distrettuale di Catanzaro hanno deciso di agire immediatamente per proteggere il magistrato.
Ieri sono finiti in manette Tommaso Iannicelli (bloccato dai poliziotti di Castrovillari già la sera di giovedì mentre si trovava in strada), sono finiti Maria Rosaria Lucera, 41 anni, già nota alle forze dell’ordine; Antonio Lucera, 38 anni, pregiudicato; Nicola Campolongo, 21 anni, pregiudicato; Danilo Ferraro 22enne incensurato di Castrovillari; Maria Antonia Iannicelli, 22 anni, pregiudicata; Simona Iannicelli, 26enne già nota alle forze dell’ordine; Roberto Pavone, 35 anni di Corigliano, pregiudicato; Maria Marranghelli Marzella 39enne, già nota alle forze dell’ordine; Cosimo Lucera, 65 anni di Tarsia, pregiudicato; Haramis De Rosa, 20 anni, incensurato; Massimiliano Aversa, incensurato di 20 anni. Per tutti, a vario titolo, le accuse sono di associazione mafiosa, associazione a delinquere ai fini di spaccio di stupefacenti e porto e detenzione illegale di armi. Secondo gli investigatori del Comando provinciale dei carabinieri, coordinati dal procuratore capo della Dda, Antonio Vincenzo Lombardo, il gruppo sarebbe una costola del clan degli zingari di Cassano.
Intercettazioni inequivocabili secondo gli inquirenti, hanno determinato il pericolo per il magistrato: «Appena lo troviamo da solo lo ammazziamo», dice Iannicelli. Da qui il convincimento che il magistrato fosse già stato messo sotto controllo da parte del gruppo. Il procuratore sarebbe stato seguito e le sue mosse studiate. Il tutto in attesa «che arrivi l’arma». Probabilmente un fucile di precisione che avrebbe consentito di agire a distanza. Un piano che, grazie alla casuale registrazione della conversazione, non ha avuto luogo.
Per il pm, senza attendere le firme dei prefetti di Cosenza e Catanzaro, il comandante provinciale dell’Arma Francesco Ferace, una volta informato dell’intercettazione in cui si fa riferimento all’organizzazione di un attentato, aveva già raddoppiato la sorveglianza. Un provvedimento d’urgenza, quello preso quattro giorni fa, vista la reale possibilità che i propositi assassini fossero messi rapidamente in pratica. Ora la protezione del magistrato cosentino minacciato di morte è stata fissata 24 ore su 24 e utilizzando anche sistemi di video sorveglianza posizionati in punti strategici. a.mor.

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