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di ROMANO PITARO
Quanti affanni a cercar voti di questi giorni. Lo fanno gli “uomini nuovi” i professionisti della politica che, pur non candidati (termine che deriva dalla consuetudine per cui i candidati al Consolato romano, dovendo essere riconoscibili, indossavano una toga candida), sono a caccia di consensi per quelli della loro cordata. Peccato che a prevalere su tutto, specie nel Mezzogiorno (i recenti casi in Campania e in Calabria ne sono la prova) siano i tratti cupi del rapporto politica-criminalità, quando invece si potrebbero meglio scandagliare le ragioni e l’entusiasmo che spinge giovani e meno giovani a impegnarsi per uno scranno al comune e alla provincia. Ragioni nobili come l’affermazione di un’idea in cui si crede e il desiderio di cambiare lo statu quo. Tuttavia, l’intreccio politica-criminalità, che genera anch’esso affanni nel tentativo di individuare strumenti idonei a segare il cordone che lega le mafie alle Istituzioni, caccia nel cono d’ombra il resto. A voler essere utili, però, specie per chi chiede il voto per la prima volta, ecco alcuni suggerimenti. Sulla base dell’orientamento per cui la politica è un terreno autonomo(?) e che sovente si definiscono “oscuri” taluni atteggiamenti censurati, ma soltanto a parole, o “inediti” per equivocità ed immoralità, quando, in sostanza, come vedremo e pur non rappresentando ciò un male minore, “niente di nuovo avviene sotto il sole”. Dunque, se si è nuovi si è svantaggiati. Come ovviare? “Con l’eloquenza, che da tutti è tenuta in massimo conto”. Altro rimedio: “Mostrare che si dispone di amicizie, numerose e provenienti da ogni ceto”, ben sapendo “che l’astio e l’invidia non verranno solo dai politici affermati, ma anche dagli homines novi che mal sopportano di essere superati”. Occorre “tessere un fitta rete di rapporti”, tentare di accattivarsi le simpatie dei professionisti della politica e “pregarli tutti preliminarmente, convincerli di aver nutrito nei confronti dello Stato gli stessi loro sentimenti”. Ed ecco un suggerimento ben definito: “Occupati dell’intera città, di tutti i collegi, dei distretti, dei quartieri, se ti saprai procurare l’amicizia dei loro principali rappresentanti, grazie ad essi potrai conquistare agevolmente la massa. Cerca e scopri uomini, conoscili, valli a trovare, assicurati la loro fedeltà, preoccupati che ti sostengano nella campagna elettorale presso quanti sono loro vicini e siano quasi candidati per tuo conto”. “E’ importante che si conosca il nome degli elettori, che li si blandisca, che li si frequenti, che ci si comporti in modo benevolo nei loro confronti, che si susciti un movimento d’opinione, dando prova nei loro riguardi di quella generosità che si manifesta nei banchetti e nell’attività del candidato, la cui casa dovrà essere aperta giorno e notte”. Non è tutto. Si consiglia ai candidati “di tenere aperta, non solo la porta delle loro case, ma quella del loro animo, cioè il volto e l’atteggiamento; se esse fanno vedere che la volontà si cela e s’occulta, importa poco che sia spalancata la porta di casa. Gli uomini infatti desiderano non soltanto ricevere promesse, soprattutto quando si rivolgono ad un candidato; vogliono anche che siano promesse generose e formulate in termini onorevoli”. Occorre sapere “che il popolo detesta il lusso privato, ma ama la magnificenza pubblica, non gradisce gli sperperi per i banchetti ma ancor meno la tirchieria e la rozzezza”; ed anche che “gli elettori giovani amano che si dica loro quanto li si ritiene importanti, d’altra parte proprio questi elettori potranno fornire un’entusiastica assistenza nelle fasi cruciali della campagna, è noto infatti che lo zelo dei giovani nel procurar voti, nel far visita agli elettori, nel recare le notizie, nell’accompagnare il candidato, è grande e straordinariamente onorevole”. Ed ora un consiglio da prendere con le pinze, ma sicuro per incassare consensi: “Siccome il presentarsi candidato offre alcuni vantaggi, in particolare mettere da parte alcuni scrupoli che ci si porrebbe nella normale vita quotidiana, tu puoi in piena onestà ciò che non ti sarebbe consentito nel resto della vita, ammettere alla tua amicizia tutti quelli che vuoi, mentre se in altre circostanze cercassi di farteli amici, parresti agire dissennatamente, se invece non lo facessi con molti, e scrupolosamente, in una campagna elettorale, non sembreresti affatto un candidato”. Come comportarsi con chi ha avuto benefici da te candidato? “Preoccupati di metterlo in chiaro fin dall’inizio, procura di tenerli a te legati ricordando, pregando, facendo capire in ogni modo a quanti ti debbono riconoscenza che non avranno alcun’altra occasione di provartela (tra l’altro le persone ritengono che da benefici di minimo valore esistono motivi sufficienti per favorire un candidato)”. E quando si va in giro, che fare? “Per quanto riguarda quelli che hanno un debito nei tuoi confronti, esigi con fermezza, da coloro che lo potranno per l’età e l’occupazione, l’impegno di stare continuamente con te; e se alcuni non potranno accompagnarti, che affidano questo incarico ai loro parenti”. Altre perle: “E’ d’importanza essenziale che tu sia sempre circondato da persone. E’ fonte di grande reputazione e di grandissima stima l’aver accanto a te quanti hai difesi, salvati(.), né si presenterà un’altra circostanza in cui potranno dimostrati la loro gratitudine.”. Va da sé che le dritte suddette non sono farina del mio sacco. Neanche, però, tratte da un recente vademecum per pianificare un’intraprendente campagna elettorale. Pensate, il testo che le custodisce non è coevo della tv, dei sondaggi o dei social network. E’ invece un manualetto di campagna elettorale (o prontuario di propaganda elettorale, come efficacemente lo definisce Giulio Andreotti che sigla la prefazione) di oltre duemila anni fa: “Commentariolum petitionis” (Salerno Editrice). Sono le raccomandazioni vergate da Quinto Tullio Cicerone per il fratello Marco Tullio, candidato al Consolato per l’anno 63 a. C, che, aldilà del valore letterario, suscitano un senso di vertigine per la loro attualità. Come questa: “Per contrastare gli avverarsi è lecita l’arma della denigrazione: procura che, se in qualche modo è possibile, sorga anche nei confronti dei tuoi avversari un sospetto, appropriato al loro comportamento, o di colpa o di lussuria o di sperpero”. E di malinconia. Nel leggere consigli come questi (“Non dire mai di no a qualsiasi richiesta; evita impegni chiari; la simulazione in campagna elettorale lungi dall’essere biasimevole si rivela necessaria, in infetti essa è una colpa quando con l’adulare rende qualcuno peggiore, ma non se lo rende più amico) ci viene in soccorso, in un primo momento, l’idea che se allora la morale poteva essere calpestata per raggiungere lo scopo, oggi non è così. Nel caso nostro, e senza allargare lo sguardo, la politica ed i comportamenti politici sono vincolati a puntuali principi costituzionali, e la “massa” non è manipolabile a piacimento come venti secoli addietro. O no? Andreotti, che è uno che il mestiere lo conosce, ne deduce “che al di là dei cambiamenti di superficie, la sostanza delle cose non è cambiata né punto né poco. La lotta politica moderna, è non di rado soltanto una copertura alla lotta per il potere”. Ma forse un’uscita dal tunnel in cui ci siamo cacciati c’è. Dipende dal candidato. E’ scritto ancora nel Commentariolum: “Ciò che non puoi farlo rifiutalo cortesemente, o addirittura non rifiutarlo; la prima è la caratteristica di un uomo onesto, la seconda di un buon candidato”. Dunque, agendo in un modo si rispetta la propria e l’altrui dignità; nell’altro, nonostante il successo, si inizia un viaggio periglioso.
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