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di PIETRO MANCINI
Giorgio Napolitano, oltre che un presidente saggio, è uno dei figli più illustri di Napoli, città tanto bella quanto tormentata dai problemi, in primo luogo quello, drammatico e irrisolto, dello smaltimento dei rifiuti. E, dunque, il capo dello Stato – che spesso ha, severamente, bacchettato Antonio Bassolino, suo vecchio, storico avversario nel Pci, e gli amministratori di centrosinistra degli ultimi 15 anni – non può non essere consapevole dell’opposizione e dello sconcerto, che provocherebbe la nomina, di cui si parla in questi giorni, di Rosetta Russo Iervolino, 75 anni, a senatrice a vita. Vittorio Feltri ha bocciato il “premio”, che sarebbe, a suo avviso, immeritato, alla attempata signora, ex ministra Dc, corrente di Scalfaro, e figlia di un ministro della “Balena bianca”, parlando, sarcasticamente, di nomina “rifiutis causa”, concessa a quella che molti napoletani considerano tra le principali responsabili del “caso-monnezza”. In passato, Carlo Azeglio Ciampi negò il laticlavio a una scrittrice discussa, ma conosciutissima, in Italia e all’estero, come Oriana Fallaci. Un grande giornalista, Indro Montanelli, rifiutò, invece, la proposta. Oltre che della Iervolino, si parla della imminente nomina di Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, instancabile mediatore tra Palazzo Chigi e il Colle, molto stimato anche dai capi dell’opposizione e non solo da Berlusconi, che spesso lo ha indicato quale il candidato del Pdl e di Bossi alla successione, nel 2013, di Giorgio Napolitano. Al di là delle scelte, che competono al presidente, non si può fare a meno di notare che i predecessori dell’attuale inquilino del Quirinale, anche con le nomine dei senatori a vita, abbiano compiuto scelte politiche, e non solo di uomini, rivolgendo la loro attenzione, prevalentemente, a due aree politiche e culturali: quella ex comunista e quella cattolica ed ex democristiana. In questo Paese, invece, c’è stata, ed è tuttora presente-anche se la sua, purtroppo, è una voce assai flebile- una tradizione socialista, liberale, laica, che meriterebbe rispetto e considerazione. Perché, ad esempio, non si pensa di dare un segno di riconoscimento a Marco Pannella per le tante battaglie civili di una delle personalità più originali, anticonformiste e critiche della sinistra e dell’Italia laica e libertaria ? Qualche anno fa, venne avanzata da illustri personaggi, giornalisti e cittadini, non solo calabresi, la richiesta di nominare senatore a vita Giacomo Mancini. Ma, per il Quirinale, che non la accolse, il segretario del Psi, evidentemente, era un leader eccessivamente “ingombrante”, in quanto autonomo e mai subalterno ai “poteri forti” e non gradito ai dirigenti della Dc e del Pci. E, infatti, venne nominato un ex premier scudocrociato, Emilio Colombo, un politico piuttosto pacioso e scolorito, sempre allineato e coperto. Dunque, vedremo a Palazzo Madama la Iervolino che, dopo il 15 maggio, sarà l’ex sindaca di Napoli e, quindi, disoccupata? Sarebbe una nomina molto discutibile, e giustamente discussa, e non solo per la sua lunga e non rimpianta amministrazione della città del mitico Eduardo De Filippo. Tre anni fa, all’indomani del suicidio dell’ex assessore, Giorgio Nugnes (Pd), che si tolse la vita, forse, per timore di un suo coinvolgimento nell’inchiesta sugli appaltoni del Comune alla “Global Service” dell’ingegner Romeo, la prima cittadina così, gelidamente, sentenziò: «Il suicidio di Nugnes lo leggo come un sussulto di dignità, che probabilmente sarà mancato ad altre persone». E Iervolino, dopo queste parole ciniche e fredde, non esitò a definire “sfrantummati”, ossia incapaci, smidollati gli altri quattro assessori coinvolti nell’inchiestona, spediti in cella o ai domiciliari, massacrati dai media, ma dopo qualche mese assolti. E la sindaca, non scusandosi per aver scaricato i collaboratori, che lei aveva voluto in giunta, cercò di sfruttare a proprio vantaggio la sentenza assolutoria per tutti gli ex amministratori. Un atteggiamento, prima freddo e poi furbesco, bocciato, molto duramente, dall’ex deputato (che fu giustizialista, all’epoca della militanza nella “Rete” di Orlando-Cascio) Giuseppe Gambale, assessore alla Trasparenza e per mesi agli arresti domiciliari, che ha scritto un libro sulla sua drammatica esperienza, “Solo per ingiustizia”, edito da Pironti. “Donna Rosetta, prima, ci ha chiamato “sfrantummati” – ha osservato Gambale – e oggi si fa scudo del verdetto nei confronti di quanti la criticarono non per l’indagine ma per la sua insipienza politica, per lo sfascio di Napoli… Si deve alla sindaca, e non solo a Bassolino, se il centrosinistra ha raggiunto certi livelli di incapacità politica nella città di Napoli…”. Forse, una copia del suo volume Gambale potrebbe inviarla, con una rispettosa dedica, al capo dello Stato, presidente del Consiglio Superiore della Magistratura e sensibile alle esigenze delle toghe, ma anche attento ai non pochi casi di “malagiustizia”, denunciati non solo dai politici, ma anche da semplici cittadini qualunque.

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