Michele Tramontana nel corso della conferenza stampa
2 minuti per la letturaVIBO VALENTIA, 26 MAG – «Sono stato lasciato solo da quelle istituzioni che ho servito. Collaborare con le istituzioni è come ricevere un calcio in faccia». Lo ha detto il testimone di giustizia calabrese Michele Tramontana, nel corso di una conferenza stampa alla presenza del proprio legale, l’avvocato Giovanna Fronte, indetta a Vibo Valentia al termine dell’ennesima udienza del processo che lo vede parte offesa contro persone giudicate vicine ai clan Mancuso e Lo Bianco.
L’uomo ha raccontato di essere entrato nel programma di protezione sin dal 2007 e che nel 2016, nonostante il processo ancora in corso in primo grado presso il Tribunale di Vibo Valentia e nonostante la Procura distrettuale di Catanzaro abbia chiarito la sua posizione di persona attualmente ancora a rischio «mi è stata prospettata la fuoriuscita dal programma di protezione».
Da lì è iniziata una battaglia davanti la magistratura amministrativa che gli ha dato ragione, ma nel 2019, nonostante il buon esito del ricorso contro a decisione della Commissione Centrale di protezione del Ministero dell’Interno, Tramontata afferma «di essere stato costretto a sottoscrivere un accordo di fuoriuscita dal programma», e questo nonostante i suoi familiari, segnatamente la madre e la sorella, continuino «ancora oggi a ricevere minacce di morte, l’ultima delle quali appena qualche mese addietro».
Il testimone ha evidenziato che nell’accordo, stipulato nel luglio 2019 e che chiudeva anche il processo dinanzi al Tar del Lazio, era previsto che, grazie alle somme della capitalizzazione e all’acquisto da parte del demanio degli immobili nella località di origine, di proprietà della madre, avrebbe «potuto realizzare la nuova casa nella quale sistemare i figli e la moglie creandomi una sistemazione dignitosa. In tal modo avremmo potuto definitivamente lasciare l’immobile occupato durante il programma il 30 giugno prossimo con i miei figli che avrebbero avuto la possibilità di terminare gli studi scolastici e a settembre avrebbero potuto ricominciare tranquillamente in altra residenza. Impegno che, però, lo Stato non ha mantenuto».
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