Patrizio Bosti
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Il boss Patrizio Bosti, 61 anni, i cancelli del supercarcere di Parma, se li è chiusi alle spalle quattro giorni fa, per fare ritorno in quella porzione di Napoli, Via Filippo Maria Briganti, da sempre ritenuta dagli inquirenti, «roccaforte» del clan Contini. La cosca fondata da suo cognato Edoardo ’o romano – territorialmente legata al Vasto-Arenaccia -, insieme ai Licciardi della Masseria Cardone, e ai Mallardo di Giugliano, forma il temibile cartello che va sotto il nome di Alleanza di Secondigliano.
PAGATO CON 2.672 EURO
Il 61enne, attualmente, è considerato l’esponente di maggiore peso della criminalità organizzata a Napoli, in circolazione (deve sottostare soltanto all’obbligo di firma). Il penitenziario emiliano lo ha lasciato perfino con un assegno che porta in calce la «firma» dello Stato: 2.672 euro. Denaro a parziale risarcimento, per un lungo periodo della sua vita in cella, trascorso in condizioni ritenute inumane. Doveva scontare in totale 15 anni, tre mesi e 23 giorni, gli sono stati «cancellati» per buona condotta e per il «trattamento inumano» (celle fatiscenti, mancanza di servizi igienici adeguati, poche ore di socialità e altro), circa tre anni e mezzo di reclusione. Massima allerta da parte di magistrati e investigatori, per il ritorno a casa di Bosti. Legato da vincoli di parentela acquisita ai cognati boss Edoardo Contini e Francesco Mallardo (i tre hanno sposato rispettivamente le sorelle Rita, Anna e Maria Aieta), nel corso della sua carriera criminale è stato condannato a 43 anni in totale – molti dei quali in continuazione – per i reati di associazione camorristica, racket, omicidio e traffici illeciti, droga soprattutto. Era in carcere da quasi 12 anni, da quando i carabinieri lo scovarono in Spagna, il 10 agosto del 2008.
MENO DIPLOMATICO
Informative di polizia giudiziaria lo descrivono come «amante del lusso e della bella vita, meno “diplomatico” del cognato Edoardo Contini, ma dall’elevatissimo spessore criminale, un capo camorra a tutti gli effetti». Niente pistola addosso, quando il blitz interforze dei militari dell’Arma e della Guardia Civil mise fine alla sua latitanza iberica; in tasca aveva, invece, 24mila euro in contanti, una mazzetta di banconote, tutte da 500.
ELOGI AGLI INQUIRENTI
Da etichetta malavitosa «vecchia scuola», la frase rivolta a chi gli strinse le manette ai polsi. «Siete stati bravi», disse, si arrese subito. Abbronzatissimo, indossava una camicia bianca, leggera, era seduto a un tavolo di un ristorante di Plaja de Aro, in Costa Brava, Catalogna. Bosti era a cena con una quindicina di persone, sia napoletane che spagnole. Presentò un documento falso, ma poi capì quasi immediatamente che la sua fuga era finita. Senza alcuna resistenza, si lasciò ammanettare.
LATITANZA DI LUSSO
La sua vita, da latitante, era in tutto e per tutto all’insegna del lusso: come casa aveva scelto un residence con piscina, si muoveva a bordo di una Audi R8. Già latitante dal 2003, era stato inserito nell’elenco dei 30 «irreperibili» più pericolosi d’Italia, per una condanna – rimediata nel 2005 – per duplice omicidio, quello dei fratelli Antonio e Gennaro Giglio. Il delitto era avvenuto nel settembre del 1984, nell’ambito della faida, allora in corso, tra i Contini, e i clan Giuliano e Mazzarella. Ma tornando al periodo in cui fu effettuato l’arresto, gli inquirenti sottolinearono che Bosti avesse in mente un piano per la conquista del centro di Napoli. Dopo i quartieri Vasto, Arenaccia, Poggioreale e Capodichino, mirava, a mettere le mani su Forcella, approfittando della vacatio di potere nel rione che per anni era stato di Luigi Giuliano (boss, diventato poi collaboratore di giustizia). Dopo la cattura, Patrizio Bosti passò in carcere in Spagna, poco più di un mese, il 19 settembre del 2008 fu estradato in Italia.
PRESO DALL’INTERPOL
Accompagnato dai funzionari dell’Interpol, atterrò a Fiumicino intorno alle 17. Da lì fu trasferito negli uffici della polizia giudiziaria, per la notifica degli atti; il boss, indossava maglietta blu a righe orizzontali e jeans. Sbrigato l’iter burocratico, fu preso in consegna dai carabinieri del Reparto operativo di Napoli e condotto, su un furgone della polizia penitenziaria, nel carcere di Rebibbia. Quasi dodici anni dopo è tornato a Napoli, nella zona di competenza del suo clan. «L’attenzione è massima – spiega al Quotidiano del Sud un investigatore -, è tornato in libertà non certo l’ultimo topo di appartamento del Rione Amicizia (zona popolare dell’Arenaccia), ma un boss di primo livello; attualmente Patrizio Bosti rappresenta la figura criminale di più alto spessore, in circolazione, a Napoli».
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