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Giuseppe Lombardo è tra i magistrati più esposti nella lotta alla ‘ndrangheta reggina tra maxinchieste e collaboratori di giustizia, e la sua azione ha spesso provocato scossoni importanti negli ambienti criminali. Per il Governo però la sicurezza che gli viene garantita è già sufficiente. In meno di un anno il magistrato antimafia della Procura di Reggio Calabria è stato destinatario di tre pesanti intimidazioni. La prima volta è stato il 25 gennaio 2010. In quel caso si trattò di una cartuccia caricata a pallettoni. Il 17 maggio successivo, oltre al proiettile, c’era un messaggio di minacce. Infine il 2 marzo scorso: una busta contenente un proiettile di mitra kalashnikov fu intercettata nel centro di smistamento della posta di Lamezia Terme.
Giovedì scorso, è arrivata come la risposta del sottosegretario agli Interni Michelino Davico all’interrogazione del deputato Laura Garavini. Iniziativa intrapresa dalla parlamentare dopo un colloquio con il procuratore generale Salvatore Di Landro, il quale aveva evidenziato un pericolo per la vita del magistrato per la sua sovraesposizione nella lotta alla ‘ndrangheta. Ma la risposta del sottosegretario Davico non ha lasciato spazio a dubbi. «Il 10 marzo scorso – scrive – in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, alla presenza dei vertici della procura generale presso la corte di appello di Reggio Calabria, è stato infatti riesaminato il livello di esposizione al rischio del magistrato e confermato il dispositivo di protezione vigente assicurando, inoltre, un continuo monitoraggio della situazione».
Per il Governo, quindi, la tutela che viene garantita a Giuseppe Lombardo è già abbastanza sufficiente.
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