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di MARIO CAMPANELLA
Sono almeno 30 anni, con l’acuizione drammatica del 1986 quando Tripoli e Bengasi vennero bombardate da Reagan e un razzo raggiunse la Sicilia, che il mondo ironizza ipocritamente sullo stato di salute mentale del colonnello Gheddafi, attribuendogli spesso l’immagine ossimorica di quello che egli stesso riattribuisce al mondo occidentale e cioè di essere una punta del grande male che affligge e condiziona il Nord Africa musulmano. Oggi che questa splendida terra africana è bombardata senza alcuna ragione, a mio avviso, se non quella solita e usuale di sottrarle il controllo assoluto su una porzione importante dell’energia fossile mondiale, ecco ricomparire l’alibi farisaico dei diritti civili ed umani che non sono certamente garantiti da un regime che è nato nel 1970 , ma che non è certo tra i più sanguinati del pianeta. La condizione generale della Libia è migliore, in termini di distribuzione del reddito ed economica, dell’intero Nord Africa e di tanti altri Stati, altrettanto se non più ricchi di petrolio del Centro America, come il Venezuela di Chavez, tanto per fare nomi. Nello Yemen, in Siria, in Arabia Saudita, in Iran, non esiste alcuna parvenza di democrazia: non è concesso il diritto di voto (e quando accade viene stravolto e inzuffato in un modo evidente e impudico), non esiste la parità di accesso tra i sessi (ed è eufemistico finanche ricordarlo), la teocrazia impone regole e costumi per i quali si rischiano anni di prigionia e di torture solo avendo in tasca un tao francescano, a chi ruba si taglia la mano, a chi tradisce il marito è riservata l’impiccagione, a chi tenta di ribellarsi si risponde con la repressione. Nel Congo, reduce da guerre tribali sanguinolenti, si taglia il pene ai bambini stregoni, definiti portatori di sciagure predeterminate dalla superstizione totemica. In Corea del Nord, Kim Jong II uccide ogni giorno decine di oppositori individuati intuito proprio e non consente ai suoi connazionali nemmeno di curare malattie banali, come la cataratta, che portano alla cecità. In nessuno di questi Paesi, però, il più inutile e trombonesco istituto della terra, definito Onu, è mai intervenuto. Non si è mai preoccupato di esportare il proprio modello capital-democratico, imposto nella culla della civiltà ausburgica, a Sarajevo, ed a Baghdad, in un altro paese dittatoriale dove, però, le chiese erano aperte e c’era una situazione globale di gran lunga migliore rispetto ad altre nazioni. E’ sempre la guerra dell’energia che muove le decisioni e l’atteggiamento dell’Italia, in questa circostanza, è stato così ambiguo e sbagliato da vanificare la magistrale presa di posizione globale assunta da Berlusconi in precedenza. Se si smettesse di parlare delle alcove di Arcore e ci si soffermasse sulla politica estera dell’Italia prima dei raid di Sarkozy si scoprirebbero una serie di cose interessanti e sorprendenti. La capacità di stipulare accordi vantaggiosi con la Libia, di portare a casa 5 miliardi di euro per le imprese italiane nella ricostruzione e di ottenere forniture di petrolio a buon prezzo. Il ruolo attivo dell’Eni e la collaborazione con Gazprom capace di spostare in un nuovo asse Roma-Mosca la convergenza su piani di strategia internazionale non troppo graditi al liberismo angloamericano. Il ritorno a una politica sul Corno d’Africa diverso da quello appiattito e filo atlantico di governi di ispirazione di sinistra, teso ad aiutare sul posto la gente africana, concependo il territorio come un valore complessivo e una risorsa di umanità e di pregnanza. Tutte queste cose Berlusconi sembra averle smarrite, chiuso da una baricentricità atlantista che è interessata solo a sostituire la Erg con la Total. Un elefante può combattere contro uno scoiattolo senza correre l’inevitabile rischio di attrarre a sé antipatie e ritorsioni pensate e logiche? E’ quello che sta accadendo con raid non autorizzati nemmeno dal Palazzo di vetro di stanza americana, osteggiato dalla gran parte del pianeta, perché Cina, India, Russia, Germania, Venezuela e altri paesi messi insieme fanno più della metà della popolazione. E così Berlusconi perde in un attimo gran parte del consenso universale che gli era dovuto in politica estera per il ruolo dell’Italia, da Pratica di Mare in poi, sino ad allora relegata a Cenerentola d’Europa. La Francia è intenzionata a prendersi l’energia anche nel contesto europeo , con i suoi colossi nazionalizzati. Il ruolo dell’Eni è mal visto come lo era ai tempi di Mattei. Ma quando si osservano le palme di Tripoli bruciate, i bombardamenti sui civili, i missili catapultati sulle sue bellezze si contrappone la follia di Gheddafi puntando, efficacemente, sulla scarsa analisi di massa della cittadinanza occidentale, troppo protesa alla scissione tra bene e male. In realtà Gheddafi e Saddam sono stati i tappi delle bottiglie di quanti hanno sognato e sognano ancora di realizzare la grande nazione islamica. Qualcuno lo ha capito, altri fingono di non saperlo. Altri ancora stanno chiusi in qualche splendido rieu, lontano un secolo da Lampedusa.

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