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di Paride Leporace
La decisione del Gip di Catanzaro sull’archiviazione del principale troncone di Toghe lucane sta diventando una sorta di pietra tombale del movimento giustizialista meridionale. Da tempo silenti i blog d’assalto che sostenevano l’offensiva giudiziaria, Carlo Vulpio passato armi e bagagli sotto il sole di Arcore (quasi a rendere palpabile la frase di Turati su quelli che nascono incendiari per poi morire pompieri) anche il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio in queste ore davanti al provvedimento assolutorio è stato costretto ad arrampicarsi sugli specchi in coincidenza dell’endorsment pro De Magistris come sindaco di Napoli.Unico quotidiano italiano a “bucare” la notizia su giornale cartaceo. Poi sul sito dello stessa testata, Antonio Massari, biografo ufficiale di De Magistris, in un’onesta cronaca titola sulla disfatta giudiziaria del pm. I commenti sul sito sono feroci con l’autore e sono un buon campionario dell’irrazionalità che alligna in quei lettori. La questione non deve essere sfuggita ai vertici del giornale e dopo 24 ore il buon Massari si mette alla tastiera e scrive un articolo revisionista: “De Magistris, separiamo i fatti dalle opinioni”. Un modulo anglosassone per sostenere l’armata delle manette sull’inchiesta che non poteva che concludersi in un nulla giudiziario. A chi è interessato segnalo il link dove può leggere l’articolo (https://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03/21/de-magistris-separiamo-i-fatti-dalle-opinioni/99110/https://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03/21/de-magistris-separiamo-i-fatti-dalle-opinioni/99110/) e farsi un’idea di alcune presunte certezze.
L’ampio preambolo mi è utile per segnalare alla politica lucana che le compagnie che hanno contribuito ad edificare “Toghe lucane” sono ancora all’opera. Mi riferisco a certe firme, sorta di pattuglia embedded con funzione di commandos apripista ad inchieste giudiziarie che supportano con pezzi militanti dove non alligna mai nessun dubbio. Non sfugge ai più che la mossa d’attacco su Toghe lucane giunge dall’articolo-manifesto “Amaro lucano” scritto da Marco Travaglio su Micromega in cui la Basilicata veniva cosi dipinta: ““una finta «isola felice» [.] sempre più infestata dalla ‘ndrangheta, dalla corruzione, dagli impasti massonici, dagli scandali politico-amministrativi”. Una regione in cui “l’unico baluardo di legalità è la magistratura: anzi
un pugno di pochissimi magistrati, assediati nei loro stessi uffici e invisi ai loro stessi superiori”. Una sorta di dichiarazione di guerra che diventa un ariete imbracciato da un primo nucleo di persone (la gran parte in buona fede) che diventerà la testa di ponte di un vasto settore di opinione pubblica voglioso di travagliare tutto.
In questo modo la Basilicata ha avuto il 1992 che non aveva vissuto durante Mani pulite. Con l’aggravante di pezzi dello Stato l’un contro altri armati di carte giudiziarie. Per questo è importante discutere e capire quello che è accaduto. Da analisti non ci sfugge che una componente della destra lucana, anziché cavalcare un’inchiesta da cui poteva trarre benefici elettorali, si schierò contro la deriva giustizialista e oggi Digilio, Mattia, Lapenna hanno ragione a rivendicarne paternità.
Il centrosinistra largo lucano invece e il costruendo Pd hanno adoperato “Toghe lucane” come strumento utile a regolare conflitti interni e difendere singole posizioni personali. Italia dei Valori ne ha fatto invece una cassaforte di voti (schierando lo stesso De Magistris alle europee) in diverse tornate elettorali schiacciando al lumicino la sinistra radicale e man mano epurando i sanculotti che troppo alzavano la testa nei confronti dei senatore Belisario.
Lunedì scorso il Pd ha tenuto l’ultima sua assemblea territoriale a Montescaglioso, paese del senatore Filippo Bubbico presente alla manifestazione. Prima di “Toghe lucane” Bubbico era l’espressione della buona politica meridionale. Quando si materializza l’atto di perquisizione il generale Bubbico diventa “il punto di riferimento apicale, unitamente ad altri appartenenti alla politica, in una logica trasversale negli schieramenti, il cui collante appare quello del perseguimento degli affari”. Per la prosa giudiziaria Bubbico ha “un ruolo chiave per la realizzazione degli affari unitamente al sodale, dottor Michele Cannizzaro, marito della dottoressa Felicia Genovese”.
A Montescaglioso, l’altra sera, tutti gl’interventi hanno omaggiato Bubbico. Il segretario Speranza ha riportato in campo la metafora nota dell’asticella chiosando pallidamente sul buon capitale sociale lucano nato dal mix di classe dirigente e abitanti e messo in discussione dall’inchiesta. Bubbico, nel suo intervento, cavallerescamente, ha preferito non dir nulla sulla gogna subita. E’ un errore politico questa sottovalutazione e il voler far decantare il golpe giudiziario nel nulla. La Basilicata è stata debole nell’affrontare i fatti. Esposta senza difesa alla guerriglia tattica di settori della stampa del Nord e di alcune trasmissioni Rai. Nessuno che chiede conto e spiegazioni è una cattiva soluzione. Senza dimenticare che la Waterloo giudiziaria di Catanzaro rafforza corruzione e malapolitica che al sopraggiungere di ogni critica (se ne vedono segnali in queste ore) avrà modo di difendersi affermando: evitate i processi mediatici che quelli dei pm approdano al nulla. La scorciatoia giudiziaria ancora una volta ha mostrato la sua pochezza politica e la disonestà intellettuale dei moralisti di provincia.

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