Il tribunale nuovo di Vibo Valentia
3 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – I lavori sono iniziati nel 1997 e, nonostante siano passati ben 23 anni, ancora la struttura non è terminata. Molto probabilmente lo sarà entro quest’anno, ma questa attesa di oltre tre lustri per avere piena funzionalità del Palazzo di Giustizia di Via Lacquari, è inaccettabile.
Era inevitabile, dunque, che la Procura di Vibo Valentia finisce con l’aprire un fascicolo d’indagine – allo stato a quanto pare contro ignoti – per comprendere i motivi di questi ritardi tra la posa della prima pietra e la ripresa degli interventi del III lotto – quello conclusivo – avvenuta poco meno di due anni addietro e dopo lo sblocco dei fondi (11 milioni di euro) da parte del Cipe su richiesta del Comune capoluogo (era il marzo 2015, ultimo atto dell’amministrazione guidata da Nicola D’Agostino). Era stata predisposta la gara e nonostante un ribasso “monstre”, ben il 63%, l’appalto concernente la sola struttura (6,8 milioni) era stato aggiudicato alla Polimpianti di Villaricca (Na) per 3,2 milioni di euro.
Ne era nata una battaglia legale con l’azienda risultata seconda in graduatoria che si è trascinata per quasi un anno e nonostante due pronunce del Tar di Catanzaro sfavorevoli, Palazzo Razza aveva confermato l’appalto alla società partenopea che però, nel frattempo, era stata messa in liquidazione. Era quindi subentrata la “Si.Ci.” che sta portando, finalmente, a termine gli interventi.
Questo lo stato dell’arte, dunque, con il procuratore Camillo Falvo che ha fatto “irruzione” nella vicenda delegando la sezione di polizia giudiziaria a svolgere l’attività investigativa. Sotto la lente d’ingrandimento del capo dell’Ufficio requirente vibonese proprio quei 23 anni di ritardi che hanno pregiudicato il completamento della struttura di 9mila metri quadri (16mila compresa anche l’area esterna) e quindi l’avvio delle attività al suo interno che, lo ricordiamo, sono esigue in quanto i locali, tutti al pian terreno, ospitano gli ufficiali giudiziari, il giudice di pace, i magistrati di lavoro e previdenza, l’aula bunker e la sede dell’Ordine degli avvocati.
A parere della Procura vibonese, insomma, questo ventennale ritardo è assolutamente inaccettabile – anche perché sembra non escludersi a priori che in tutta questa vicenda possa esserci l’ipotesi di un danno erariale – finito col far presupporre la presenza di qualche circostanza meritevole di approfondimento, magari relativamente alla sovrapposizione delle competenze.
Altri aspetti sui quali gli investigatori porranno l’attenzione sono quelli relativi a presunti errori di realizzazione della struttura che, lo ricordiamo, ad esempio non presentava fino a poco tempo fa uscite di sicurezza. Ma anche infiltrazioni d’acqua cedimento dei pannelli del controsoffitto, ed altro, che rappresentano l’assenza di manutenzione che – a struttura completata – sarebbe certamente stata periodica e che adesso può influire sui costi e sui tempi di realizzazione visto che la “Si.Ci”, che ha ereditato l’appalto nel 2017, potrebbe essere inevitabilmente costretta a rivedere alcune parti, soprattutto quelle che presentano infiltrazioni d’acqua, le più insidiose.
Ventitrè anni sono davvero tanti per la costruzione di un palazzo di giustizia. Troppi.
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