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Giovanni Bombardieri e Nicola Gratteri

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CATANZARO – «Non ne posso parlare, mi prenderei un provvedimento disciplinare». Così il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, ai microfoni del Tg Zero di Radio Capital, ha risposto rispetto ad un parere sulle scarcerazioni dei boss a causa del rischio contagio da coronavirus. 

Sul tema è intervenuto anche il procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, commentando con l’AGI l’ipotesi del decreto legge allo studio del governo per porre rimedio al caso dei boss scarcerati a causa dell’emergenza coronavirus: «Siamo molto attenti a queste richieste, vediamo favorevolmente l’introduzione normativa della previsione della trasmissione degli atti per un parere alla Procura nazionale antimafia e alla Direzione distrettuale, che sono organismi in grado di interloquire sui collegamenti anche attuali del soggetto detenuto con ambienti criminali, e siamo attenti a segnalare tali situazioni».

«Ci stiamo esprimendo in coordinamento con la Direzione nazionale antimafia – aggiunge Bombardieri – valutando caso per caso le singole situazioni. Non bisogna generalizzare, si tratta comunque di provvedimenti della magistratura di sorveglianza che ha certamente la capacità di leggere le singole situazioni. Va tenuto anche conto – osserva il procuratore capo di Reggio Calabria – che l’amministrazione penitenziaria è in grado, anche con strutture interne, di far fronte all’emergenza sanitaria. Del resto il regime del 41bis, dove sono previste situazioni di socialità ben controllabili, garantisce meglio l’isolamento del soggetto da fattori di contagio. Il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha strutture che sono in grado di far fronte quasi sempre all’emergenza in atto, per cui in relazione a ciascuna situazione del singolo detenuto dovrà, evidentemente, essere valutata preliminarmente ogni iniziativa di tutela della salute del detenuto interna al circuito penitenziario. Certamente il pericolo di contagio, ove sia possibile controllarlo all’interno del circuito penitenziario, non mi pare possa legittimare provvedimenti di modifica dello stato detentivo di condannati o imputati per fatti gravissimi per i quali quello stato detentivo è stato valutato, prima dell’emergenza sanitaria, come adeguato».

Il possibile meccanismo giuridico per rimediare alle scarcerazioni potrebbe essere quello di una seconda valutazione alla luce della nuova situazione: «Secondo quanto si legge in questi giorni – puntualizza Bombardieri – il Ministro, nei casi di differimento dell’esecuzione della pena, prevede che la modifica della situazione che ha determinato il differimento stesso possa essere rivalutata da parte del giudice per provvedere in maniera diversa. Il rinvio dipenderebbe dall’attualità della situazione di emergenza sanitaria, una modifica di quella situazione può quindi essere valutata. Naturalmente occorrerà vedere come verrà articolato il decreto legge di cui si parla, noi siamo qui ad applicare la legge vigente».

A conferma che non si può generalizzare va osservato che in provincia di Reggio Calabria i casi più eclatanti sono stati decisi da parte dei giudici di primo o secondo grado, non dalla magistratura di sorveglianza. Sui domiciliari a Rocco Santo Filippone, imputato nel processo “‘Ndrangheta stragista” si sono pronunciati i giudici della Corte d’Assise, così come per gli arresti domiciliari a Carmine Alvaro si sono pronunciati i giudici del Tribunale di Palmi.

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