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Declino demografico e questione femminile sono i due nodi principali da sciogliere per avere un futuro in Basilicata.
Senza capitale umano, soprattutto giovanile, non si può dar luogo a qualsiasi progetto di crescita, pur disponendo di altre risorse finanziarie, infrastrutturale, imprenditoriali.
Ed il capitale umano comincia a scarseggiare nella regione, per effetto della emigrazione di una parte rilevante della migliore gioventù lucana che attualmente vede circa 10 mila giovani, per lo più laureati, al lavoro con contratti precari al centro-nord e oltre 30 mila studenti universitari lucani che stanno in attesa di seguirne le orme, avanti ad una domanda di lavoro regionale poco coerente con le loro aspettative.
La componente femminile è magna pars nei due fenomeni accennati: pur contribuendo al tasso di nuzialità del 4,1 per mille abitanti, attestandosi sulla media nazionale e pur marcando una minore propensione alle separazioni (8,5 ogni 10mila abitanti, a fronte del 14,1 dell’Italia) ed ai divorzi ( 3,7 ogni 10mila abitanti contro i 9,1 attivati a livello nazionale), le donne lucane hanno poco più di un figlio a testa (1,21), contro l’1,42 della media italiana, scostandosi di molto dalla soglia di ricambio generazionale che è del 2,1.
Se associamo il basso tasso di fecondità a quello della mortalità della popolazione lucana, ne ricaviamo un dato ancora più preoccupante e cioè che abbiamo più decessi che nati-vivi, un saldo negativo che va cumulato col saldo altrettanto negativo relativo al fenomeno migratorio. Anche nelle vicende demografiche, e non solo quindi in quelle economiche, siamo di fronte ad una tempesta perfetta.
Come rendere fisiologiche le variabili demografiche, è presto detto: occorre bloccare l’esodo dalla regione e invogliare le donne a fare più figli, un combinato disposto difficilissimo da realizzare, perché presuppone una domanda di lavoro elevata, sia qualitativamente che quantitativamente.
Una domanda di lavoro che deve investire in profondità la componente femminile che è quella più penalizzata, sia come partecipazione al mercato del lavoro (il grosso degli “scoraggiati” riguarda proprio le donne) e sia come collocazione professionale e di reddito nel mondo della produzione.
Le donne lucane fanno pochi figli, perché lavorano poco e male (ad esempio nel lavoro sommerso, per definizione sottopagato).
Oggi la donna sa che mettere al mondo dei figli, istruirli, garantire loro un livello di benessere accettabile, comporta risorse che spesso una famiglia monoreddito non può disporre.
Ne consegue che il lavoro femminile è ,nel contempo, una emergenza ed una priorità: serve per conseguire la parità delle opportunità lavorative tra maschi e femmine, un traguardo ancora molto lontano, e soprattutto è finalizzato a spingere la donna ad elevare il suo tasso di fecondità che è una delle condizioni primarie per impedire il declino demografico.
Occorrono politiche ad hoc da considerare centrali in un piano di sviluppo socio-economico e di un conseguente piano del lavoro, in cui appunto il ruolo della donna acquisti funzione e valore di straordinarietà, prevedendo un maggiore ricorso al part time, attualmente poco diffuso in Basilicata che meglio consente di conciliare lavoro e famiglia, misure di maggiore incentivazione per il reingresso al lavoro per le donne dopo la maternità, il rilancio di specifiche misure per l’imprenditoria femminile e così via.
Alle donne è richiesto una maggiore capacità d’iniziativa nell’intrapresa economica, esistendo in Basilicata rilevanti opportunità d’impresa nell’artigianato, ed in quello artistico in particolare, nelle attività terziarie, in agricoltura,sicuramente alla portata del mondo femminile, dato che comportano modesti impieghi di capitale, tempi di avvio delle attività molto contenuti e spazi d’intervento riguardanti le vocazioni economiche locali, di per sé poco esposti alla concorrenza esterna, soprattutto di quella del mercato globale.
La bravura delle donne dovrà essere quella di sviluppare la cooperazione tra le attività, mirando a creare circuiti di rete, contratti ed intese commerciali per dar luogo a soglie dimensionali di gestione della commercializzazione delle produzioni che in molti rami di attività necessariamente hanno localizzazioni diffuse sul territorio ed entità produttive ridotte che occorre appunto concentrare in determinati punti di vendita, garantendo le necessarie economie di scala richieste per azioni di collocamento e marketing dei prodotti.
Produzione diffusa e concentrazione della commercializzazione possono essere la formula vincente per imporsi su un mercato almeno interregionale. In questa ottica può fare molto, in termini di promozione e formazione delle relative strutture organizzative, la Regione Basilicata.
Ma alla donna lucana è richiesto, anche e soprattutto, un salto di qualità come soggetto sociale: il familismo amorale, il clientelismo, la dipendenza dalla politica, non sono fenomeni solo maschili, vengono assecondati anche dalla donna. L’idea del posto fisso nella pubblica amministrazione fa parte di un cultura, nella quale non è estranea la componente femminile (vedasi le sollecitazioni di associazioni femminili in direzione di misure di precariato occupazionale nella PA che sono un “imbroglio” per gli stessi potenziali destinatari).
La donna ha una essenziale funzione educativa da svolgere ( insieme al maschio, per la verità). Spesso faccio fatica a distinguere in politiche di genere le azioni di sviluppo civile ed economico. Per questo mi riesce difficile comprendere le “quote rosa” nelle diverse rappresentanze istituzionali. Sono collocazioni da conquistarsi, puntando sulle proprie capacità, sui propri meriti: rivendicare rendite di posizione non mi sembra il modo migliore per affermarsi in qualsiasi ambito.
Certo, il momento attuale non è dei migliori: il “berlusconismo”, il “leghismo” stanno facendo emergere la parte peggiore di tutti noi; non offrono un quadro di azione molto favorevole, alimentando modelli, costumi, comportamenti che non prevedono molta dignità delle persone, grandi aperture mentali, indipendentemente dal genere, a cui si appartiene. Il servilismo, le scorciatoie per avere successo, l’adulazione del potente stanno permeando la vita di una parte cospicua della popolazione italiana. E non è a dire che in Basilicata ne siamo esenti. La donna lucana può contribuire ad uscire da questa deriva morale, incominciando a rivedere il proprio modo di essere in famiglia, con i figli, nei rapporto con la società e con le forme di partecipazione democratica che la caratterizzano: entri massicciamente in politica, stabilisca alleanze con le forze migliori della società, della scuola, dell’università, mettendo in discussione, d’intesa con i maschi, le sue fondamenta culturali, tutti fattori che poi sono i tanti modi per essere cittadini e non sudditi.

Nino D’Agostino

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