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Si sono appropriati di beni per oltre due milioni e mezzo di euro da una loro società in fallimento trasferendoli ad un’altra azienda per sottrarli ai creditori e stavano per fare la stessa cosa con una terza società. È l’accusa mossa ai due imprenditori, padre e figlio, Antonio e Carmine Prestia, arrestati stamani dalla guardia di finanza di Vibo Valentia per bancarotta fraudolenta. Nel corso dell’operazione, i finanzieri del nucleo di polizia tributaria hanno anche sequestrato le società Preco Italia srl con sede a Filandari e Effedil costruzioni Srl con sede a Reggio Calabria, il cui valore supera i due milioni di euro.
Le indagini sono cominciate lo scorso anno, su delega del procuratore di Vibo, Mario Spagnuolo, sulla procedura fallimentare della Prestia costruzioni Srl facente capo a Antonio Prestia. Dalle indagini è emerso che Prestia ha ceduto un ramo d’azienda comprensivo delle immobilizzazioni, dei contratti sui lavori in corso e tutti i crediti iscritti in bilancio ad una seconda società, la Preco Italia, formalmente intestata al figlio, ma di fatto riconducibile allo stesso imprenditore. Così facendo, secondo l’accusa, Antonio Prestia ha occultato beni per 124.184,57 euro e distratto altri beni per per oltre due milioni di euro, «pilotando» sia il fallimento della Prestia costruzioni e conducendo, di fatto, ad uno stato pre-fallimentare anche la società Preco Italia. Successivamente, sempre secondo l’accusa, ricalcando il medesimo modus operandi, i Prestia hanno costituito, nell’aprile del 2010, una nuova società, la Effedil costruzioni con sede a Reggio Calabria, da utilizzare per stornare dolosamente il patrimonio della Preco. Nella Effedil, padre e figlio, avrebbero poi fatto confluire l’iniziale patrimonio della Prestia costruzioni e della subentrante Preco Italia tramite la cessione fittizia del ramo d’azienda e degli appalti.

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