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di FRANCESCO BOCHICCHIO
BERLUSONI non cede ma attacca: si rifiuta di dimettersi, attacca i magistrati e rilancia sul programma, basato sul federalismo e sullo sviluppo dell’economia e sul liberismo. Mario Monti riconosce che si tratta di proposta strumentale per distrarre l’attenzione da sé, ma si duole che tale programma non sia fatto proprio dall’opposizione di centrosinistra, che si dovrebbe legittimare in chiave liberista. E’ ovvio che l’opinione pubblica dominante sta stringendo un cordone sanitario intorno a Berlusconi, anche quando attaccato comunque ritenuto foriero di potenzialità in senso positivo. Tre i punti del piano pro-Berlusconi: il primo è costituito dall’evidenziazione della necessità di interventi seri sull’economia, con la conseguente necessità di un accordo che eviti lo scontro; in secondo luogo, la necessità di un armistizio tra politica e magistratura, come se lo scontro sia il frutto di comportamenti reciproci; in terzo luogo, si insiste sull’irrilevanza delle questioni private di Berlusconi. Sono tre argomenti insistenti: sul primo, è sufficiente evidenziare che tutto il Governo si è contraddistinto per latitanza in materia economica. Una politica moderata e seria rientra nelle prospettive di un Governo di destra alternativo guidato da Fini, ma la sinistra, con un appoggio esterno non pervasivo, non deve cedere su alcuni punti chiave e non deve accettare un liberismo estremo che disinneschi l’utilità sociale di cui all’art. 41 della Costituzione. Sul secondo punto, siamo all’incredibile: si vuol impedire alla Magistratura di indagare sul potere politico: che armistizio e armistizio, qui è necessaria una ritirata incondizionata di Berlusconi. Il “Corriere della Sera” è il più deciso in materia: Ostellino per anni ha sostenuto a spada tratta il liberalismo e i diritti intangibili dei cittadini contro l’invadenza della politica; ebbene, Ostellino non è riuscito a fornire una dimostrazione con un minimo di plausibilità sulla compatibilità di tale posizione con le pretese della maggioranza politica di sottrarsi alla legge. L’autorevole giornale ha pertanto ritenuto di chiamare, a difesa di Ostellino – che si è avventurato in una situazione più grande di sé – Giuseppe Bedeschi, autorevole studioso della politica, già marxista critico, ora finito nel più rigoroso liberalismo. Anche Bedeschi non riesce a venire a capo del “busillis”: quindi, si butta sulla semantica e ammonisce che quello giudiziario è un ordine e non un potere e che fondamentale è la separazione dei poteri, ben diversa dalla divisione dei poteri. La precisione e la sapienza politologica vanno approvate, purchè non si finisca in giochi di parole: la Magistratura è un ordine e non un potere, perché non gode di discrezionalità, bensì ha il dovere di applicare la legge, ma ciò non toglie che non sia soggetto a chicchessia, ordine o potere. Si disquisisca pure sulla differenza tra divisione e separazione di poteri, purché si concluda che occorre evitare una concentrazione di poteri, con il potere politico al di sopra della legge. L’immunità parlamentare agognata da Bedeschi non può servire a proteggere in modo assoluto rappresentanti del Governo per gravi ipotesi di reati personali, con un’azione politica impunita che dura da 17 anni. Il terzo aspetto è umoristico: Berlusconi tratti le sue vicende personali come estranee alla politica e non si ammanti del potere politico per sottrarsi alle conseguenze. Il liberalismo di chi difende Berlusconi tutto è tranne che liberale. Occorre dare a Berlusconi una spallata, con argomenti liberali e costituzionali, sotto la guida di un liberale vero, di destra dichiarata e non di sinistra, quale è Fini, e con una politica economica moderata che acquisisca sui essenziali il consenso responsabile della sinistra – non rinunciataria, ma pronta alla dialettica sugli altri punti – che allinei l’Italia alla parte avanzata dell’Europa, quale al Germania, sempre disprezzata dai presunti liberali italiani, con argomenti che chi scrive ha sempre ritenuto inconsistenti, come stanno mostrando le recenti vicende.
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