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di FRANCO CRISPINI
Davvero meritato questo riconoscimento all’autore di “Gomorra”, meritato anche per questo, ha voluto dedicare, commosso fino al pianto, la laurea che l’Università di Genova gli ha conferito, ai magistrati milanesi Bocassini, Sangermano e Forno “che stanno vivendo momenti difficili solo per aver fatto il loro mestiere di giustizia”. Questo ultimo convinto gesto di Roberto Saviano, se non bastasse la dura e contrastata battaglia che sta conducendo, con rischi anche personali, per la difesa della legalità, della dignità delle persone, dimostra quanta passione civile anima questo “neolaureato” in Giurisprudenza al quale dobbiamo tutti qualcosa per il coraggio di aver fatto luce sui torbidi intrecci criminali di ramificate organizzazioni che avvelenano e strozzano la società, e avere così messo in guardia contro la spietatezza che non è solo dei Casalesi protagonisti certo del grande quadro di morte in cui ha affondato la penna del penetrante cronista e scrittore. Non occorre dire molto di quello che il libro di Saviano è venuto a significare in un Paese devastato, al Sud ma anche al Nord, dal potere aggressivo delle mafie e della ’ndrangheta, è passato a essere l’emblema di una coscienza civile mortificata che non vuole rassegnarsi a un vile cedimento a quelle forze scardinatrici della vita sociale; “Gomorra” è stato come il manifesto di un Paese avvilito, la denuncia delle metastasi di un male che richiede terapie radicali in un momento in cui sembrano vacillare le difese necessarie. Sono sufficienti questi pochi cenni che se mai dovrebbero essere arricchiti dalle risonanze che il “caso” Saviano ha avuto nelle parti più resistenti e pigre dell’opinione pubblica italiana o in quelle più ligie a qualche codice politico che assegna tutto quello che nasce da Saviano a una sovversiva Sinistra : non è mancata nella storia più recente dei rapporti ambigui politica-mafia ,una versione del successo di “Gomorra” in chiave di provocazione eccessiva, anche narrativa-fantastica, ad ambienti eccessivamente evocati e chiamati in causa. Salvo a essersi presi i vantaggi finanziari di un enorme successo di vendita del libro di Saviano (il volume, un bestseller della Mondadori, due milioni e mezzo di copie solo in Italia), la presidente della Mondadori, figlia di Berlusconi, per il solo fatto di avere lo scrittore reso omaggio ai pm milanesi del caso Ruby, ha violentemente fatto sentire la sua protesta perché vedeva calpestati e rinnegati i principi per cui quegli proclamava di battersi. Si può comprendere l’amarezza di una figlia che non arriva a rendersi conto della gravità degli errori del proprio padre che lo espongono ad accuse gravi con implicazioni morali e penali ; naturale quindi un moto di reazione a chi considera un “magistero di giustizia” l’azione dei magistrati milanesi, quando da parte del padre presidente del Consiglio si invocano punizioni contro di loro rei d’averlo indagato : è facile che per la figlia, per Marina Berlusconi (meno tenera era stata in passato verso il padre, l’altra figlia Barbara), non vi possano essere dubbi che si tratti solamente di una giustizia persecutoria , di un “fondamentalismo politico” che si abbatte sul genitore. Ed ecco che per la presidente della Fininvest e della Mondadori diventa “spudoratamente” evidente la immagine di un Saviano “fondamentalista”, “partigiano”, che si associa a una campagna di falsità e menzogne imbastite da una magistratura che da sempre vuole sbarrargli la strada che il consenso popolare ogni volta gli apre. E così ci troviamo ora davanti da un lato a un risentimento filiale per quello che viene percepito come un rigorismo partigiano, dall’altro al limpidissimo atteggiamento di chi come Saviano appunto che giudica ogni indebolimento della giustizia un grande vantaggio dato alle mafie. Per Saviano vilipendere la Magistratura, minacciarla di volerla sottoporre a limitazioni punitive, significa togliere forza alla Legge, delegittimare chi ha il dovere di applicarla. Così Saviano ha spiegato al Tg7 di Mentana il suo gesto di dedicare la laurea conferitagli ai pm milanesi: «Parlare di punizioni ai magistrati rende le mafie più forti». Visto che il premier sta continuamente ricorrendo a interventi in trasmissioni dirette (“Ballarò”, ”L’Infedele”, nella quale ultima ha fatto una “cafonata”, giusto come si è espresso Lerner maltrattato e offeso), la dichiarazione di Saviano poteva essere un’altra occasione per accendere la miccia di uno dei suoi sconsiderati attacchi agli incolpevoli magistrati. Ciò non è stato, si è avuto invece l’intervento della figlia Marina non meno virulento di quello del padre: una presa di posizione niente altro che affettiva contro Saviano reo di complicità in un complotto di cui è vittima innocente l’irreprensibile padre.
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