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Il Pd boccia la ricandidatura di Salvatore Perugini a sindaco di Cosenza e scoppia la polemica. La decisione presa dal Direttivo provinciale del partito di dargli il benservito rinfocola, in particolare, la polemica interna contro il commissario regionale, Adriano Musi, che molti considerano il vero ispiratore della liquidazione dell’esperienza Perugini. A puntare il dito contro Musi, con una difesa a spada tratta di Perugini, è Gero Grassi, vicepresidente della Commissione Affari sociali della Camera, che chiede l’intervento del segretario del partito, Pier Luigi Bersani. «Il Commissario regionale Pd, poco incline a farsi carico delle esigenze degli altri – spiega – non ritiene un’idea felice ricandidare il sindaco di Cosenza, Salvatore Perugini. Ipotizza di superare tale candidatura valutando opzioni alternative. Le spaccature non hanno mai portato a risultati positivi. Il metodo che punta all’esclusione delle persone piuttosto che all’inclusione impoverisce il partito. Credo che questa non sia l’ambizione di nessuno. Le epurazioni fanno parte di un’epoca ormai sconfitta dalla storia. È bene riflettere su tutto questo». Sulla mancata ricandidatura dell’attuale sindaco di Cosenza va giù duro Nicola Adamo, che nella passata legislatura è stato il capogruppo del Pd alla Regione. Secondo Adamo «bisogna disconoscere la riunione di ieri e impedire che venga dato corso alla decisione assunta. È richiesto un atto di vera insubordinazione e disobbedienza politica da parte di tutti i democratici della città di Cosenza». Quindi l’affondo di Adamo contro Musi. «La pratica del commissariamento del Pd – sostiene – sta promuovendo forme di vera barbarie che mortificano il senso della funzione della politica intesa come l’agire di un movimento collettivo plurale ed esaltano gli interessi e le ambizioni di pochi dirigenti incapaci e dal profilo di bassa credibilità». Plaude, invece, alla decisione il consigliere provinciale del Pd Michele Ambroggio. «Decidere – afferma – di non ricandidare una persona seria, onesta e di grande spessore morale come Salvatore Perugini non è cosa di tutti i giorni. Aver deciso di farlo in piena sintonia con il giudizio dei cittadini, spiegando pubblicamente le ragioni di tale decisione, è sicuramente un fatto nuovo, che fa onore al Pd e a quanti militano in questo partito». In serata arriva anche il commento dello stesso Perugini, contenuto nella polemica ma ugualmente incisivo. «Io credo molto – dice Perugini – nel Pd, ci ho investito e non mi sono spostato quando alcune sirene mi tentavano. Ma credo in un Pd diverso da quello che si esprime così. Non tanto per quanto riguarda la mia vicenda, ma perchè il partito deve avere al centro la discussione plurale e partecipata. Per quanto mi riguarda io ho un compito, che è quello di dare conto agli elettori del mandato che mi è stato conferito cinque anni fa. Devo andare avanti da un punto di vista istituzionale». Dalla dichiarazione di Perugini, comunque, emerge un senso di amarezza. «Alla riunione di ieri – dice il sindaco – non sono stato invitato e non so che riunione fosse. Poi la politica fa quello che vuole. Se sono rimasto sorpreso? Eravamo rimasti d’accordo che ci saremmo sentiti dopo le vacanze. Non so che tipo di decisione sia stata».

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